Békaa, legalizzare la produzione di cannabis per sostenere l’economia locale
Il presidente del Parlamento lancia la proposta, aprendo all’uso per finalità mediche. La canapa indiana coltivata nella valle fin dall’impero ottomano. I costi di produzione sono bassi e la qualità è fra le migliori al mondo. Oggi i coltivatori devono affrontare il crollo dei prezzi e le difficoltà dei commerci (via terra) nella vicina Siria.
Beirut (AsiaNews) - Per contrastare la crescente crisi economica e dare una parvenza di legalità a una pratica che risale fin dai tempi dell’impero ottomano, in Libano si è aperta una discussione sulla legalizzazione della coltivazione del commercio della canapa indiana. A lanciare la proposta, riferisce il quotidiano francofono L’Orient-Le Jour (LOJ), è stato il presidente del Parlamento Nabih Berry, il quale ha annunciato che il Paese dei cedri “potrebbe legalizzare la coltivazione di cannabis e il suo utilizzo per finalità mediche”.
La resina di cannabis libanese è considerata dagli esperti fra le migliori al mondo. Ne esistono di due tipologie: quella rosse è fra le più care e ricercate; vi è poi quella gialla, realizzata con i primi fiori della stagione. Quest’ultima ha un sapore meno forte e pronunciato della prima, ma resta comunque un prodotto raffinato e apprezzato.
Fra i fautori della legalizzazione vi è Talal Chreif, presidente del consiglio municipale di Yammouné, nella valle di Békaa, nel nord-est del Libano, dove si concentra la produzione nazionale. “Le coltivazioni - spiega - sono iniziate sotto l’impero ottomano e sono proseguite col mandato francese. Perché non legalizzarle, una volta per tutte?”.
Egli sottolinea i molteplici effetti positivi della canapa indiana, fra i quali il campo medico con l’uso dell’olio allo stato puro; secondo diversi studi, esso garantirebbe benefici nel contrastare dolori cronici e per trattare alcune forme particolari di epilessia.
In passato le autorità cercavano, seppur in modo timido, di contrastare questa pratica introducendo altre tipologie di coltivazioni. Negli anni ’90, un programma sostenuto dalle Nazioni Unite ha cercato di sradicare la cannabis a favore di altri prodotti agricoli; un piano che non ha mai attecchito perché contrastato, in primis, dalla popolazione locale.
Per anni le forze dell’ordine hanno distrutto enormi piantagioni nella Békaa. Tuttavia, l’escalation del conflitto nella vicina Siria e l’ondata di profughi che si sono riversati oltreconfine in Libano hanno spinto le autorità a chiudere un (se non due) occhio e a favorire la diffusione delle coltivazioni a cielo aperto. Un tentativo, spiegano alcune fonti locali, di placare le ire della popolazione che si è vista ancor più impoverita dal flusso continuo di rifugiati siriani.
“Stiamo sperimentando - afferma Talal Chreif - una crisi economica orribile. È tempo che lo Stato sia clemente con noi. Anche se il prezzo dell’hashish dovesse abbassarsi sui mercati una volta legalizzata la coltivazione, l’agricoltore locale finirebbe comunque per trarne giovamento. In passato erano i trafficanti che approfittavano dei prezzi elevati, frutto della vendita illegale. Non contadini”.
A livello economico, la produzione di canapa indiana è più favorevole rispetto ad altre primizie per la regione di Békaa, dove morfologia e clima risultano ottimali. E i dati, prosegue il presidente del consiglio municipale di Yammouné, lo confermano: “Un dounoum [circa mille metri quadri] di patate costano al contadino libanese 1500 dollari all’anno, mentre dounoum di hashish circa 10 dollari. Questi 10 dollari per dounoum sono usati per i semi ad aprile, tre irrigazioni fino alla raccolta in settembre, poco diserbante e la raccolta”.
Dietro la richiesta di legalizzazione, vi è anche il problema del crollo dei prezzi avvenuto nelle ultime settimane: un chilo di prodotto si può trovare oggi sul mercato fra gli 80 e i 100 dollari. Per molti produttori sarà “un sogno” riuscire a venderne almeno un chilo e vi sono ancora resti della produzione dello scorso anno e di quello precedente. Molti contadini ricordano ancora con “nostalgia” i tempo in cui un chilo poteva essere venduto a un costo variabile fra i 1200 e i 1500 dollari.
Il rischio attuale è quello di una sovrapproduzione, in un’area in cui quasi il 60% dei terreni è riservato alla coltivazione della canapa indiana. Per gli esperti la legalizzazione, unità alla regolamentazione della produzione e al controllo dei commerci (oggi ostaggio delle milizie e dei gruppi combattenti in Siria), potrebbe favorire una risalita nei prezzi e sostenere una economia locale nella valle della Békaa sempre più in difficoltà.
04/04/2019 08:48
19/06/2019 08:54