Beirut: sostegno popolare a Geagea, nel mirino per gli scontri a Tayyouné
Non si placa la polemica politica attorno alle violenze del 14 ottobre. Il leader delle Forze libanesi non risponde alla convocazione del Tribunale militare e ricusa il magistrato Fadi Akiki. Uno scontro frontale con Hezbollah e Amal che ha paralizzato l’azione del nuovo governo di Nagib Mikati. La difesa del patriarca maronita.
Beirut (AsiaNews) - Gli scontri registrati a piazza Tayyouné, a Beirut, il 14 ottobre scorso durante una manifestazione promossa da simpatizzanti di Hezbollah e Amal contro il giudice Tarek Bitar, titolare dell’inchiesta sull’incidente al porto di Beirut del 4 agosto 2020, continuano ad alimentare la polemica politica. Le violenze hanno visto protagonisti, prima dell’intervento in massa dell’esercito, anche elementi delle Forze libanesi (Fl) e hanno causato almeno sette morti e oltre 30 feriti. Oggi il leader del movimento, il cristiano Samir Geagea, non ha risposto alla convocazione in qualità di persona informata dei fatti avanzata dal Tribunale militare, presso il ministero della Difesa.
La notifica gli era stata recapitata presso la residenza, nel complesso di Meerab (Kesrouan). Per il capo delle Fl il dicastero è un luogo simbolo più di ogni altro, perché al suo interno ha trascorso 11 anni di prigionia fra il 1994 e il 2005, in condizioni durissime, prima di beneficiare della grazia dell’allora presidente Emile Lahoud e riprendere il suo ruolo nel panorama politico della nazione.
L’inchiesta militare mira a identificare i “cecchini” che hanno colpito a morte i manifestanti e Geagea è sospettato di aver dato l’ordine di aprire il fuoco, un’accusa che egli respinge con forza. Anche perché i “sospetti”, rilanciati sui media da “fonti anonime”, non possono essere la base per trarre conclusioni da una inchiesta il cui segreto istruttorio, peraltro, è stato violato a più riprese. E come ha affermato il patriarca maronita, il card. Beshara Raï, il leader delle Fl risponde che se anche qualcuno ha usato le armi, lo ha fatto a titolo individuale, in stato di legittima difesa davanti a un’orda di manifestanti violenti, alcuni dei quali essi stessi armati, che avevano terrorizzato il quartiere teatro della protesta.
Geagea ha sottolineato che il commissario governativo presso il tribunale militare Fadi Akiki non ha titolo per pronunciarsi sul caso. Inoltre, i suoi avvocati hanno presentato una nota che contesta la “regolarità” delle decisioni di Akiki e un secondo ricorso alla Corte di appello di Beirut per chiedere la decadenza del commissario stesso a causa del suo legame con Nabih Berry, leader del movimento sciita Amal, che è parte della controversia. Del resto Akiki è sposato con Nada Dakroub, nipote di Berri e magistrato di professione.
Sostegno politico e popolare
La convocazione è valsa a Geagea un grande sostegno politico e popolare: dal leader druso Walid Joumblatt, dall’ex primo ministro Saad Hariri e dal presidente del partito cristiano Kataëb, Samy Gemayel. Tutti e tre oppositori politici dichiarati di Hezbollah. Anche il capo della Chiesa maronita, il patriarca Rai, ha espresso chiaramente il suo sostegno il 22 ottobre scorso, denunciando il mandato a comparire notificato a Geagea, ma escludendo i leader degli altri due partiti coinvolti negli scontri, Hassan Nasrallah e Nabih Berry.
In un approccio insolito, volto a prevenire una grave escalation politica, il porporato ha visitato ieri il presidente della Camera, il primo ministro Nagib Mikati e il capo dello Stato Michel Aoun per proporre una soluzione all'indagine sull'esplosione del porto di Beirut. Sempre ieri migliaia di sostenitori di Geagea si sono incontrati presso la sede patriarcale maronita di Bkerké, prima di recarsi a Meerab, per mostrare il loro sostegno al leader, vittima secondo loro di un complotto politico per eliminarlo.
Il caso Tayyouné ha causato la paralisi del governo che, un mese dopo la fiducia del Parlamento, ha bloccato i lavori e smesso di incontrarsi, mentre i ministri sciiti continuano a chiedere la sostituzione del magistrato responsabile del caso del porto. Una richiesta apparentemente irricevibile per il Consiglio superiore della magistratura, presieduto da Souheil Abboud, che dopo aver sentito e interrogato il giudice Bitar la scorsa settimana gli ha dato carta bianca per continuare la sua indagine.
14/10/2021 13:24