10/01/2025, 11.19
LIBANO
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Beirut: la ‘nuova era’ di Aoun e il crollo di un’altra pedina dello scacchiere iraniano

di Fady Noun

Il neo presidente parla di una pagina nuova nella storia del Libano e “rispetto della Costituzione”. Una nomina accolta con favore dalla comunità internazionale, anche da Tel Aviv e Teheran. Un militare per archiviare la guerra disastrosa fra Hezbollah e Israele e i 26 mesi di vuoto istituzionale. 

Beirut (AsiaNews) - Il suo discorso inaugurale ha disegnato, in controluce, il ritratto di una Repubblica in decadimento, che solo un miracolo di natura politica potrebbe salvare. E questo “miracolo” ha avuto il suo compimento. Rispondendo implicitamente alla teoria dello stato di necessità familiare al diritto francese, secondo cui “necessità fa legge”, il Parlamento libanese ha eletto ieri alla presidenza della Repubblica il comandante in capo dell’esercito, il generale Joseph Aoun. Una nomina per il 61enne [compie gli anni oggi, ndr] alto ufficiale in aperta violazione dell’art. 49 della Costituzione, che vieta a funzionari di primo rango di accedere alla carica, a meno che non abbiano rassegnato le dimissioni da almeno due anni. 

Tuttavia, per far emergere il Libano da una guerra disastrosa durata 13 mesi fra Hezbollah e Israele, e per sbloccare una situazione di stallo politico perdurante da 26 mesi, serviva un soldato, e non uno qualsiasi: un militare descritto come un uomo “testardo” ma anche sensibile, il quale non dimentica che la paga di un soldato semplice è scesa a meno di 100 dollari al mese, a causa del saccheggio del Tesoro e di un buco di 70 miliardi di dollari, la cui perdita è stata scaricata sui risparmiatori.

Beninteso, vi era anche un prezzo da pagare per questo aggiustamento della traiettoria: da ieri, infatti, il Libano è “sotto amministrazione fiduciaria” come ha dichiarato ieri il leader del partito delle Forze libanesi, Samir Geagea, durante un programma televisivo rivolto al grande pubblico. La deputata Paula Yacoubian ha addirittura azzardato l’espressione “golpe bianco” per descrivere quanto è successo nelle ultime ore. Ma “il fine giustifica i mezzi”.

La “tutela” di cui parla Geagea è, ovviamente, presentata come “assistenza internazionale di natura amichevole”. Un contributo indispensabile dopo una lunga vacanza presidenziale imposta dal “tandem sciita”; a ciò si aggiunge una guerra che ha decimato il comando di Hezbollah e messo in ginocchio il Paese dei cedri, con la distruzione di 200mila unità abitative, lo sfollamento interno di oltre un milione di libanesi, più di 5mila morti e 20mila feriti.

Del resto, con l’elezione a presidente di Michel Aoun è “iniziata una nuova era” ed è caduta una ulteriore pedina sinora parte dello scacchiere iraniano; quest’ultimo evento segue l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, l’accordo di cessare il fuoco nel sud del Libano del 27 novembre e il crollo del regime del dittatore Bashar al-Assad in Siria. Ora il Paese dei cedri non è più sotto il giogo dell’influenza di Teheran - che è ancora forte in patria - ma sotto un controllo congiunto di Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita. Con quest’ultimo essenziale per la ricostruzione di ciò che Israele ha distrutto e continua a distruggere nel sud, così come nei sobborghi di Beirut e nella regione di Baalbeck nella Bekaa.

Immenso sollievo

È stato con un “sollievo immenso” che la popolazione libanese ha accolto questa svolta, assistendo in diretta televisiva alla sessione parlamentare e all’elezione del generale Joseph Aoun con 99 voti su 128. Una nomina resa possibile grazie all’accordo sulla candidatura del tandem sciita, che è stato ricondotto alla ragione e ha accettato l’elezione di una personalità che ha profuso grandi sforzi in passato per disarmarli e riservare al solo Stato libanese il monopolio della forza armata.

Nel discorso inaugurale pronunciato con voce forte e decisa, e definito storico dalla stampa libanese, il nuovo capo di Stato ha assicurato di voler convocare un dibattito sulla “strategia di difesa nazionale”, come auspicato da Hezbollah. Tuttavia, non è stata fatta alcuna menzione del termine “resistenza”, né del famoso trittico “esercito-popolo-resistenza”. A suo avviso “solo lo Stato libanese ha il diritto di fare la guerra contro Israele”. Nessun presidente lo aveva mai detto prima di lui. Con grande soddisfazione del patriarca maronita, come raccontano fonti ecclesiastiche ad AsiaNews, il nuovo capo di Stato ha promesso che il Libano rispetterà da ora in avanti, nelle sue relazioni estere, il principio della “neutralità positiva”. Un valore, quest’ultimo, difeso in maniera instancabile negli ultimi anni dal card. Beshara Raï, contrapponendolo con vigore alla politica degli assi e delle alleanze foriera di divisioni. 

Il discorso è stato pronunciato alla presenza dell’intera comunità diplomatica libanese, seduta nel balcone dell’emiciclo, in particolare dell’inviato del presidente francese Emmanuel Macron, Jean-Yves Le Drian. Quest’ultimo ha finalmente potuto assaporare il felice risultato di due anni di sforzi per uscire dalla crisi. Assieme a lui uno stretto collaboratore del capo della diplomazia saudita, Yazid Ben Farhan, che aveva gestito gli ultimi febbrili contatti prima del voto. L’inviato statunitense Amos Hochstein aveva invece visitato Beirut due giorni prima.

Rispetto della Costituzione

“Il mio mandato sarà posto sotto il principio del rispetto della Costituzione” ha ammonito il nuovo presidente, parole cui è seguito un lungo e caloroso applauso dei presenti che è risuonato per tutto l’emiciclo. “Sono onorato - ha proseguito - di essere il primo presidente della Repubblica dopo la commemorazione del centenario dello Stato del Grande Libano, in un momento in cui un terremoto ha appena colpito la regione, scuotendo le alleanze e rovesciando i regimi. I confini sono destinati a cambiare. Tuttavia, il Libano è rimasto così com’è, nonostante le guerre, gli attacchi, gli interventi (negli affari interni), le aggressioni, i bersagli e la cattiva gestione delle nostre crisi” ha detto il neo capo dello Stato, per poi aggiungere: “Siamo di fronte a una crisi di governance che richiede un cambiamento nel comportamento politico, per preservare la nostra sicurezza e i nostri confini. Un cambiamento nelle politiche economiche, nella gestione degli affari sociali, nel concetto di democrazia, nell’immagine del Libano all’estero, nelle nostre relazioni con la diaspora, nei principi di responsabilità e controllo [...]. È una crisi di governance e di chi detiene il potere, di leggi non applicate o applicate male, interpretate male e formulate male”.

Isole di illegalità

“Oggi si apre una nuova fase della storia del Libano” ha continuato il presidente eletto, che si è impegnato sin dall’inizio a proteggere le libertà individuali e collettive. Uno dopo l'altro, i suoi impegni programmatici si sono susseguiti sulla stessa linea. Joseph Aoun ha insistito sul rispetto della legge e sul fatto che “non è più possibile, a questo livello, praticare una politica di due pesi e due misure”. “Basta con le mafie, con le isole di illegalità, il contrabbando, il riciclaggio di denaro, l’ingerenza negli affari della magistratura e della polizia. Basta con il protettorato e l’immunità per i criminali, i corrotti e i malfattori” ha dichiarato, prima di impegnarsi a “lavorare con il nuovo governo per far approvare un nuovo disegno di legge sull'indipendenza della magistratura”. A questo si aggiunge l’urgenza di effettuare le nomine giudiziarie che erano state bloccate dal suo predecessore e omonimo Michel Aoun.

L’omaggio di Teheran e Tel Aviv

La nomina di Joseph Aoun a capo dello Stato è stata accolta con favore dall’intera comunità internazionale, comprese Teheran e Tel Aviv. “Mi congratulo con il Libano per l’elezione di un nuovo presidente dopo una lunga crisi politica. Spero che questa scelta contribuisca alla stabilità, a un futuro migliore per il Libano e il suo popolo e a buone relazioni tra i vicini” ha scritto in un messaggio su X (ex Twitter) il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar. Il nuovo presidente ha infine promesso di convocare senza ulteriori indugi consultazioni parlamentari vincolanti per la nomina di un capo di governo. Un esecutivo “che sarà partner e non rivale”, sottolineando l’importanza delle “competenze e non del clientelismo e del settarismo” nella scelta dei funzionari. Al riguardo, si è già stabilito che le consultazioni inizieranno la prossima settimana.

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