08/03/2024, 10.51
LIBANO
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Beirut, la crisi colpisce l’esercito: ex militari in piazza per la pensione

di Fady Noun

All’interno dell'esercito libanese e tra i militari in pensione, montano l’ira e la protesta: il crollo dell’economia ha dilapidato il potere di acquisto dei compensi. Oggi percepiscono fra il 9 e il 12% di quanto spettava loro prima della crisi del 2019. L’indifferenza della classe politica e dirigente, gli aiuti dei Paesi stranieri.

Beirut (AsiaNews) - Il Libro dell’Ecclesiaste è uno dei più fruibili della Bibbia. Di sorprendente attualità, esso esprime una saggezza pratica. In particolare, racconta che alcune cose sono particolarmente “gradite a Dio”, come “i vicini che vanno d'accordo”, ma che altre lo rattristano. E fra queste ultime, il libro della saggezza include “il guerriero che invecchia nella miseria”. Del resto il mestiere delle armi è sempre stato diverso da tutti gli altri: i soldati portano dentro di sé la memoria della loro patria e dei pericoli che ha affrontato.

Ciò che era vero ai tempi della Bibbia lo è ancora a maggior ragione oggi. Il personale in pensione dell’esercito libanese, i “vecchi guerrieri”, stanno scendendo in piazza a chiedere l’adeguamento delle loro indennità di servizio. In piazza Riad el-Solh sono quasi venuti alle mani con le giovani reclute che stazionavano di fronte a loro. In questo corpo militare di oltre 70mila membri, la paga di un soldato ordinario è irrisoria (220 dollari), a causa del crollo economico del 2019, che ha fatto perdere alla moneta libanese il 95% del proprio valore. La rabbia e l’indignazione fra i militari in pensione sono esplose quando hanno capito che i recenti adeguamenti salariali decisi dal governo Mikati li hanno equiparati ai dipendenti pubblici di quinta categoria.

Il leader della protesta, il generale in pensione Georges Nader, gravemente ferito nella battaglia del 2007 tra l’esercito e il gruppo estremista islamico Fateh el-Islam nel campo palestinese di Nahr el-Bared, racconta ad AsiaNews: “Ho servito 35 anni nell’esercito. Prima del 2019, il mio stipendio era di 4mila dollari; oggi è di 580 dollari, ovvero il 12% di quello di un tempo. Senza il mio appezzamento di terreno ad Akkar e senza i miei due figli, come pensate che avrei potuto vivere?”.

L’ex ufficiale prosegue nel racconto: “Credetemi, vi sono alcuni di noi che vivono in condizioni di povertà, che non hanno nemmeno soldi sufficienti a offrirvi una tazza di caffè se andate a trovarli. E certo, vi sono alcuni di noi per i quali ogni tanto facciamo una colletta per aiutarli. Vi sembra giusto tutto questo?”. “In media, gli stipendi e le indennità attuali - spiega l’alto ufficiale - sono circa il 9% di quanto erano prima del 2019. Ci batteremo per portare questa percentuale al 40%”. L’eroe militare aggiunge inoltre di una convocazione in tribunale a suo carico che, a suo dire, è parsa una vera e propria umiliazione. Egli è stato accusato di aver indossato la divisa militare e una maglietta con il motto dell’esercito durante una manifestazione”.

Per permettere alla truppa di restare operativa, dal 2021 molti Paesi hanno sostenuto in via occasionale l’esercito con donazioni di carburante, cesti alimentari e persino pagamenti in contanti per i soldati. Nel giugno del 2022 il Qatar ha offerto all’esercito libanese aiuti per 60 milioni di dollari contribuendo al pagamento dei salari dei soldati. Un anno più tardi, nel giugno 2023, almeno 70mila soldati hanno beneficiato di una donazione di 55,5 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite, al ritmo di 100 dollari al mese per un periodo complessivo di sei mesi. 

Il primo marzo scorso il comandante delle Forze armate libanesi (Laf), il generale Jospeh Aoun, ha partecipato a un incontro a sostegno dell’esercito in Italia, assieme ai vertici degli eserciti dell’Italia stessa, della Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna. Il generale Aoun ha illustrato la situazione attuale dell’esercito e le sfide che deve affrontare sotto vari aspetti. Si è discusso su come sostenere e rafforzare le sue capacità ma, all’atto pratico, sinora non sono state prese decisioni concrete.

Mancanza di volontà politica

Il generale di brigata Chamel Roukoz, ex capo del corpo di commando dell’esercito, deplora questa assistenza dall’estero. “Questi sussidi temporanei non sono una soluzione” spiega. Costretti a cercare altrove un reddito aggiuntivo che permetta loro di occuparsi delle famiglie, i soldati “perdono il morale e non danno più il meglio di sé”.  Molti di loro attualmente trovano lavoro in piccoli impieghi part-time - fra i quali fattorini, camerieri nei ristoranti, parcheggiatori, meccanici - “per far fronte alle esigenze e agli imprevisti della vita quotidiana”.” In tempi normali, avrebbero la fiducia di un leone, sapendo che per ogni necessità possono contare sul loro agente. Oggi, la loro mente - afferma - è altrove”.  

Alcuni di questi soldati stanno perdendo la speranza e disertano, o addirittura stanno pensando di lasciare il Libano per sempre. Altri sono costretti a indebitarsi. “Il mio compenso era di 12 milioni di sterline (circa 120 dollari), quando la fattura per le medicine era di 15 milioni” ha raccontato ad AsiaNews  Antoun D., un soldato sposato sulla cinquantina.

Per l’ufficiale, che è anche genero del presidente Michel Aoun e padre di due figli, le ricchezze del Libano vengono saccheggiate e solo la mancanza di volontà politica mantiene il Paese in povertà. In un momento in cui si parla di aumentare il numero degli effettivi dell’esercito per far fronte alle esigenze di una rigorosa applicazione della Risoluzione 1701, i membri in pensione delle forze armate soffrono per l’indifferenza della classe politica sulla loro sorte. Devono scendere in piazza, ma lo fanno controvoglia. Più che una semplice istituzione, le forze armate sono per loro la prima scuola e l’ultimo baluardo dell’unità nazionale. E sono convinti che sia un peccato che la loro ultima battaglia sia combattuta per i loro stipendi. Ascoltandoli, possiamo capire meglio perché l’autore del testo sacro dice che Dio “si rattrista” quando vede un guerriero “in miseria”. È come calpestare una bandiera. Perché alcune cause sono sacre.

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