Beirut, arcivescovo coi manifestanti: la politica è servizio, restituire speranza o dimissioni
Durissimo attacco alla classe dirigente di mons. Boulos Abdel Sater, che chiede una “vita dignitosa” per il Paese. Lavorare “giorno e notte” per migliorare la vita delle persone. Nel mirino quanti incoraggiano “intolleranza e divisioni”. Ieri il Parlamento ha votato la fiducia al governo Diab, negli scontri di piazza ferite 370 persone.
Beirut (AsiaNews) - Il “potere” ha come scopo ultimo della propria “missione” il “servizio”. Oggi i libanesi “sono stanchi delle polemiche” e sono “preoccupati per il futuro dei loro bambini”, per questo servono iniziative che restituiscano “la speranza”. È un appello accorato quello lanciato durante l’omelia della messa da mons. Boulos Abdel Sater, arcivescovo maronita di Beirut, che sferza una classe dirigente da mesi incapace di rispondere ai bisogni della popolazione ed esprime sostegno alla protesta. È necessario “assicurare una vita dignitosa”, aggiunge il prelato, altrimenti “è meglio rassegnare le dimissioni”.
Le parole dell’arcivescovo giungono in un momento di profondo cambiamento per il Paese, che potrebbero segnare un punto di svolta dalle dimissioni nell’ottobre scorso dell’allora premier Saad Hariri, travolto da un’ondata di proteste tuttora in corso. Ieri il Parlamento ha concesso la fiducia al nuovo esecutivo guidato dal premier Hassan Diab, con 63 voti favorevoli (su 84 in totale), 20 contrari e un astenuto. Tuttavia, questo non è bastato a placare gli animi in piazza, dove si sono registrati nuovi scontri fra cittadini e forze di sicurezza che hanno causato 370 feriti.
In un contesto di profonda tensione e confusione, da un altro esponente della Chiesa maronita arriva un attacco alla classe dirigente inusuale nei modi e nei termini nel contesto della festa di san Marone. Alla funzione erano presenti anche il capo dello Stato Michel Aoun, il presidente del Parlamento Nabih Berry (l’unico ad aver applaudito in modo aperto alcuni passaggi dell’omelia) e il neo Primo Ministro Diab.
Le “decine di migliaia” di libanesi che “vi hanno eletto”, ha sottolineato mons. Boulos Abdel Sater, si aspettano che voi “miglioriate” lo stile di vita, l’economia e le finanze e che “lavoriate giorno e notte” per assicurare alle persone “una vita degna e decente”. Se non si è in grado, aggiunge, “è più onorevole dimettersi” mentre lancia una critica “a quanti incoraggiano l’intolleranza e le divisioni e considerano il Paese come loro proprietà”.
Insediatosi nei mesi scorsi, il prelato si è subito distinto per alcune prese di posizione inedite come la necessità di accogliere (anche) studenti poveri in un liceo cattolico prestigioso, pure a chi non era stato ammesso per mancanza di mezzi finanziari. Qualche settimana più tardi ha deciso di rinunciare alla Mercedes di proprietà dell’arcivescovado, utilizzata dal predecessore, ripiegando sul proprio mezzo privato con uno stile che ricorda il pontificato di papa Francesco.
Fin dai primi giorni della protesta, a ottobre, mons. Boulos Abdel Sater ha manifestato solidarietà ai dimostranti e rivendicato la propria appartenenza al movimento popolare. L’omelia dei giorni scorsi, sottolineano alcuni commentatori, ha impresso anche una “nota politica” all’impegno sociale del prelato che è avvenuto “con il benestare” dei massimi vertici della Chiesa maronita libanese. “A Bkerké - commenta un esperto - vi è stata di recente una presa di coscienza, che è tempo di rimediare agli errori commessi e che ora serve una voce profetica”.
Per diversi mesi i manifestanti anti-governativi hanno considerato la leadership cattolica locale una forza ostile, vicina alla classe dirigente a dispetto delle numerose prese di posizione del card. Beshara Raï solidale con la protesta. Le parole dell’arcivescovo di Beirut hanno creato un nuovo legame fra i cittadini in piazza e le ecclesiastiche, che per diverso tempo avevano chiuso le porte delle chiese per evitare di venire coinvolti negli scontri. “Hanno proibito ai manifestanti l’accesso alle chiese in passato - scrive un utente sui social - ma hanno scoperto che uno di loro [riferendosi all’arcivescovo di Beirut - era già all’interno”.
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