Bassora, la Chiesa inaugura il primo museo cristiano del sud dell’Iraq
Bassora (AsiaNews) - In un periodo storico caratterizzato da violenze, persecuzioni ed emigrazioni la Chiesa cattolica in Iraq celebra un evento storico: l’apertura del primo museo cristiano (nella foto) nel sud del Paese. Esso si trova all’interno dell’arcidiocesi caldea di Bassora ed è stata realizzata grazie all’impegno personale del vescovo mons. Alnaufali Habib Jajou. Al suo interno sono conservati oltre 200 manufatti di carattere religioso, documenti, arredi liturgici, fotografie, vestiti e mobili, alcuni dei quali risalenti al XVII secolo.
Fra le ragioni che hanno portato alla realizzazione del museo, unico nel suo genere, vi è il desiderio di raccogliere, conservare, preservare e rendere disponibili ai fedeli - e al pubblico - oggetti unici della millenaria tradizione cristiana del Paese. Un evento significativo, in un momento storico in cui emigrazione e persecuzioni - soprattutto nel nord da parte delle milizie jihadiste dello Stato islamico (SI) - rischiano di far scomparire ogni traccia della minoranza religiosa in Iraq.
Alla Icn (Independent Catholic News) l’arcivescovo racconta che “nel 2014 è iniziata la raccolta di libri, oggetti e manufatti usati durante le Messe”. Essi, continua, “hanno un grande valore spirituale e mostrano la cura prestata dai nostri antenati alle espressioni liturgiche della fede”.
“Quando mi hanno chiamato alla guida della diocesi - prosegue mons. Habib - ho notato fin da subito questi oggetti di grande valore e ho iniziato a schedarli. Poi, con l’aiuto di volontari e sacerdoti, abbiamo raccolto il materiale e abbiamo deciso di esporlo”.
Un tempo i cristiani di Bassora erano una componente significativa della città, molti dei quali esponenti della classe mercantile all'epoca fiorente. Tuttavia, negli ultimi anni la comunità è diminuita in modo drastico come nel resto del Paese, anche se nel sud dell’Iraq non ha subito le stesse persecuzioni vissute a Mosul, a Baghdad, Kirkuk o nella piana di Ninive. Secondo stime recente oggi è rimasto solo poco più del 10% della popolazione originaria, poche centinaia a fronte delle 3mila famiglie un tempo presenti nella zona.