Bangkok: Pita in bilico, Corte suprema esaminerà ricorso contro Move Forward
Alla vigilia della seduta in cui domani il parlamento avrebbe dovuto nominare il primo ministro i giudici accolgono due ricorsi contro il giovane leader vincitore delle elezioni e il suo stesso partito, ora a rischio scioglimento. Sollevata la questione della lesa maestà contro la monarchia. E mentre l'ex generale-premier Prayut si ritira dalla vita politica si riaffaccia lo spettro di un intervento dell'esercito per riportare l'ordine.
Bangkok (AsiaNews) - La Corte costituzionale thailandese esaminerà la richiesta di cancellare l'elezione a deputato di Pita Limjaroenrat, 42 anni, leader del Move Forward, principale partito della coalizione che il 14 maggio ha sconfitto alle urne i partiti filo-militari. Ma ha anche accolto un'istanza presentata da un avvocato che chiede addirittura lo scioglimento di questa forza politica che attenterebbe alla monarchia.
Al termine di una giornata convulsa - che cade alla vigilia della seduta del parlamento che domani alle 17 (ora locale) avrebbe dovuto discutere la candidatura di Pita alla guida del governo - quando a Bangkok era ormai sera l'Alta Corte ha accettato di esaminare la richiesta avanzata dalla Commissione elettorale nazionale dopo tre giorni di discussioni. Il leader di Move Forward è accusato di una presunta violazione della legge elettorale che impedisce ai candidati di avere una qualsiasi compartecipazione nei mezzi d’informazione. Il leader del partito progressista, sostengono alcuni, avrebbe invece detenuto al momento della campagna elettorale una piccola quota di azioni della rete televisiva iTV. Si tratterebbero, comunque, di quote facenti parte del patrimonio del padre, scomparso nel 2006 e per di più di un'emittente che ha cessato le trasmissioni nel 2007 e non è più quotata dal 2014.
Contemporaneamente, però, la Corte ha anche accolto la richiesta avanzata da un avvocato di esaminare lo scioglimento del Move Forward per avere attentato alla monarchia proponendo a più riprese di esaminare il suo ruolo attuale e di emendare l’articolo 112 del Codice penale che tratta della lesa maestà. Questo articolo è diventato uno degli strumenti con cui i militari e i nazionalisti hanno cercato di reprimere il crescente dissenso e le richieste di democrazia e giustizia. Il partito ha 15 giorni di tempo per contestare le accuse ma l'eventuale accoglimento della petizione da parte della Corte costituzionale porterebbe allo scioglimento del Move Forward.
La situazione è complessa e ora aperta a diversi scenari. In sé l'ineleggibilità come deputato non impedirebbe a Pita di essere designato premier; diverso sarebbe nel caso di uno scioglimento forzato di Move Forward. Se domani Pita decidesse di portare comunque avanti la candidatura per una conferma o una bocciatura nel Parlamento a camere riunite, un voto negativo potrebbe innescare potrebbe innescare una serie di problematiche: dalla proroga della designazione a contrasti interni alla coalizione vincitrice per un candidato certo, a nuove coalizioni di maggioranza o, all’estremo, a un intervento diretto delle forze armate se, come in passato, si sentissero “costrette” a riportare “ordine e legalità” in caso di consistenti proteste di piazza contro le azioni delle Commissione elettorale e dei giudici costituzionali.
Nel complesso e mutevole panorama della politica thailandese, la mossa dei giudici era stata in qualche modo anticipata dalla maggioranza: i due partiti principali, Move Forward e Pheu Thai, si erano accordati nel dare a Pita una seconda possibilità di elezione il 19 luglio nel caso non dovesse ottenere domani la fiducia. Per averla servono almeno 376 voti parlamentari su 750. Considerato che dalla coalizione di governo ne dovrebbero arrivare almeno 312, ne servirebbero 64 dai 250 senatori, che non sono stati eletti quest’anno come i deputati, ma erano stati designati durante la precedente tornata elettorale dai vertici delle forze armate e dall’ex premier ed ex generale Prayut Chan-ocha.
Ieri Prayut ha annunciato il ritiro dalla vita politica dopo aver imposto la legge marziale a Bangkok e represso il movimento delle Camicie rosse nel 2010, essere stato a capo del golpe del maggio 2014 e della giunta che ha governato il Paese fino al 2019 per poi togliersi la divisa e diventare premier di un governo rappresentativo dei vertici militari e dei gruppi nazionalisti e monarchici.