Baghdad, neo-parlamentare cristiana: l’obiettivo è la nascita di un ministero per le Minoranze
Rihan Hanna Ayoub è uno dei cinque deputati cristiani (su un totale di 329) eletti alle ultime politiche. Avvocatessa nata e cresciuta nel Kurdistan irakeno, ha frequentato fin da piccola la parrocchia. La fede "risorsa e forza nella vita e nel lavoro". Il ruolo fondamentale dei cristiani nella ricostruzione del Paese.
Baghdad (AsiaNews) - I cristiani possono giocare un ruolo “importantissimo” nella ricostruzione dell’Iraq, perché “non sono parte” del conflitto che insanguina il Paese e possono farsi carico di “proposte, attività, incontri” grazie anche alle solide “relazioni internazionali”. È quanto racconta in questa intervista ad AsiaNews Rihan Hanna Ayoub, 34enne neo parlamentare cristiana (cinque su un totale di 329) eletta nel collegio di Kirkuk, nel nord dell’Iraq. Inoltre, aggiunge, mediano “fra Erbil e Baghdad, fra governo e parti” in lotta.
Nata e cresciuta a Zakho, nel Kurdistan irakeno, si è laureata in Giurisprudenza all’università di Dohuk nel 2006. Dall’anno successivo fino ai mesi scorsi, prima dell’elezione in Parlamento, ha svolto la propria attività legale praticando in tutti i rami del diritto. Fin dalla giovane età ha vissuto la propria fede cristiana e ha collaborato alle attività della parrocchia di san Giorgio a Zakho in qualità di membro del coro, diacono e avvocato. Fra le priorità della futura attività parlamentare, avverte, vi sono il ritorno dei cristiani fuggiti dalle loro terre per l’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis), leggi a “tutela” di terre, beni, proprietà e (prima assoluta) un ministero per le Minoranze.
Ecco, di seguito, quanto ha raccontato nell’intervista ad AsiaNews:
Quali sono le priorità in agenda per i parlamentari cristiani?
Come prima cosa, vogliamo promuovere leggi che contribuiscano alla ricostruzione delle istituzioni che compongono lo Stato, oltre a garantire sicurezza e giustizia per restituire fiducia agli irakeni, in particolare cristiani. Poi affrontare crisi e situazioni di emergenza, inclusa la sistemazione degli sfollati. Punire i politici che sfruttano la propria posizione per tornaconto personale o violano i diritti umani. Favorire l’approvazione in Parlamento di leggi che tutelino i cristiani e le loro terre, per incoraggiare quanti ci sono a rimanere e chi è fuggito a tornare. Dare vita a una commissione parlamentare che segua preoccupazioni e bisogni dei cristiani, oltre a creare una forza di sicurezza a protezione delle loro aree, perché non si ripeta più quanto accaduto. Infine, chiederemo al premier di dar vita a un ministero dedicato alle Minoranze, per studiare la loro situazione e i bisogni.
E che ruolo potranno svolgere i cristiani per contribuire allo sviluppo dell’Iraq?
I cristiani possono giocare un ruolo importantissimo, perché non sono parte del conflitto che interessa il Paese. E per questo essi godono della fiducia e dell’amore della maggior parte dei leader e dei partiti politici. Oggi il loro compito è essenziale nella ricostruzione, a dispetto della scarsa rappresentatività in Parlamento. Essi potranno farsi carico di proposte, attività, promuovere incontri con chi deve decidere. I politici irakeni sanno che i cristiani vantano relazioni internazionali solide che possono influenzare e mettere pressione sui leader politici del Paese. Infine, possono contribuire a riunire le varie parti attorno a un tavolo, mediare fra Erbil e Baghdad o fra governo e partiti.
Il patriarca Sako insiste sui principi di unità e cittadinanza per rifondare il Paese. Quali sono gli elementi essenziali per dare un futuro all’Iraq?
Dal punto di vista personale sostengo appieno i messaggi di unità e cittadinanza rilanciati dal patriarca. Sono elementi imprescindibili per mantenere unito l’Iraq. E i cristiani possono fare la loro parte in questo senso, come popolo originario di questa terra e per i contributi dati in passato e nel presente. Proprio i cristiani sono fra i principali fautori dell’obiettivo di unità nazionale. I leader religiosi enfatizzano questi concetti per scongiurare la partizione dell’Iraq.
In un Medio oriente insanguinato da guerre e violenze, l’Iraq può contribuire e come ad allentare le tensioni?
Il Paese deve dare un suo importante contributo partendo dalla collocazione geografica che rappresenta un elemento di forza e dalle relazioni distintive con le nazioni vicine, con cui condivide i tratti peculiari della sua popolazione. Inoltre, vi sono interessi economici e concernenti la sicurezza che condividiamo a fondo con gli altri Stati dell’area.
A livello personale, quali aspettative e quali obiettivi si pone nella nuova veste di parlamentare?
Prima di tutto, si tratta di una esperienza nuova nella quale cercherò di portare il mio bagaglio personale di avvocato che si è battuto per difendere i diritti di tutti gli irakeni e le minoranze, in particolare i cristiani. Lavorerò con i colleghi in Parlamento per promuovere leggi e prendere decisioni finalizzate a soddisfare desideri e bisogni della popolazione.
Cercherò di impegnarmi per sostenere le richieste degli abitanti di Kirkuk e della piana di Ninive, perché è grazie a loro se sono entrata in Parlamento. E farò di tutto perché gli sfollati cristiani a causa dello Stato islamico possano tornare nelle loro terre. Personalmente ritengono che l’attività sportiva, anche per le donne, sia un elemento essenziale di sviluppo. Ma ciò che più mi sta a cuore è l’istituzione di un ministero per le Minoranze, che costituirebbe una prima assoluta per l’Iraq. Ai cristiani va infine garantita la pace, la sicurezza e la stabilità nelle loro terre […] assicurando la difesa e l’inviolabilità dei confini, oltre che garantire loro possibilità di impiego e sostegno ai progetti di investimento.
Qual è la situazione, oggi, dei cristiani di Mosul e della piana di Ninive?
Per quanto concerne l’opera di ricostruzione delle loro aree, sarà possibile se programmata in modo professionale in coordinamento con il governo locale e centrale. Bisogna identificare i progetti migliori e i servizi necessari. A questo si aggiunge la necessità di ottenere l’aiuto della comunità internazionale per ricostruire le cittadine e i villaggi distrutti.
Ultima domanda, personale: quanto è importante la fede nella sua attività politica?
La mia fede cristiana ha dei riflessi positivi sulla mia vita professionale. Essa mi dà forza, perseveranza e determinazione grazie ai valori di tolleranza e cooperazione con gli altri, per soddisfare le aspirazioni di tutti gli irakeni in generale, e poi dei cristiani. Godo del rispetto e dell’affetto degli irakeni di altre religioni, perché io per prima li rispetto a partire dalla fede e dalla cultura personale. Fiducia e pazienza mi aiutano quando cerco di soddisfare gli interessi delle persone.
18/11/2015