Attivisti cattolici indiani: 'Sbagliato il sì della Chiesa alla riforma del Waqf'
In una lettera aperta numerosi religiosi e laici impegnati nella difesa degli ultimi criticano la Conferenza episcopale per aver invitato i parlamentari cristiani a votare a favore del provvedimento entrato in vigore ieri che limita l'autonomia dei musulmani nella gestione delle loro proprietà. "Non si risolve così il problema delle famiglie sfrattate a Munambam. Si avalla un precedente che i nazionalisti indù utilizzeranno anche contro i cristiani".
Delhi (AsiaNews) – Dopo l’approvazione anche al Rajya Sabha, la Camera alta del parlamento indiano, e la promulgazione da parte della presidente Droupadi Murmu, è entrata in vigore ieri la contestata riforma del Waqf, il sistema di amministrazione della proprietà donate a istituzioni musulmane, i cui organismi per volontà dei nazionalisti del Bjp dovranno d’ora in poi aprirsi anche a rappresentanti non-musulmani. La questione continua comunque a infiammare il dibattito nel Paese, con la comunità islamica che denuncia una violazione dei diritti riconosciuti alle minoranze e per questo ha presentato una serie di ricorsi alla Corte suprema indiana, che dovrebbe discuterli a partire dal 15 aprile.
In questo contesto il dibattito attraversa anche la Chiesa cattolica, da giorni divisa su una presa di posizione della Conferenza episcopale (CBCI) che - sull’onda della vicenda dolorosa che nella città di Munamban, nel Kerala, vede centinaia di famiglie cristiane scontrarsi con la locale amministrazione del Waqf per la salvaguardia della proprietà dei propri terreni – nei giorni precedenti al voto in parlamento aveva invitato i deputati cristiani a votare a favore della riforma proposta dal governo Modi.
Questa indicazione ha sconcertato molti cattolici indiani che ieri hanno espresso la propria contrarietà in una lettera aperta ai vescovi dell’India firmata da numerose voci autorevoli della Chiesa locale, note per il loro impegno in prima linea nella difesa dei diritti degli ultimi. Tra i promotori figurano tra gli altri il giornalista e attivista John Dayal,. i gesuiti Cedric Prakash, Frazer Mascarenhas e Prakash Louis, sr. Dorothy Fernandes, l teologa Astrid Lobo Gajiwala.
"La nuova legge - scrivono - introduce cambiamenti significativi nella gestione delle proprietà del Waqf, tra cui l'inclusione di non musulmani nei Consigli del Waqf, una questione che ha suscitato ampia apprensione e opposizione, in particolare da parte della comunità musulmana e di diversi partiti politici. Una delle preoccupazioni principali è che la legislazione violi l'autonomia istituzionale di una minoranza religiosa”.
“Pur comprendendo che la comunità cattolica del Kerala si trova attualmente ad affrontare una situazione angosciante a Munambam, dove dalle 400 alle 600 famiglie cristiane di un villaggio costiero sono minacciate di sfollamento a causa di una rivendicazione locale del Waqf sul territorio – si legge ancora nel documento - riteniamo che si tratti di una questione locale che dovrebbe essere affrontata con mezzi legali, negoziali e conciliatori. Questo caso, già in fase di valutazione giudiziaria, non avrebbe dovuto diventare il motivo per sostenere una modifica legislativa nazionale che ora avrà implicazioni di vasta portata per un'altra comunità religiosa minoritaria. La lettera della Conferenza episcopale rischia di legittimare l'ingerenza statale sotto le mentite spoglie di una riforma”.
I firmatari ammoniscono sul fatto che “risposte plasmate principalmente da ansie immediate o locali possono inavvertitamente portare a conseguenze che incidono anche sugli interessi a lungo termine della comunità cristiana. Un precedente che consenta l'interferenza dello Stato negli affari di una minoranza potrebbe aprire la porta a simili intrusioni nei diritti e nella governance di altre comunità religiose, compresi i cristiani”. Ricordando le crescenti pressioni delle autorità politiche sulle istituzioni cristiane e il drastico aumento delle violenze dei fondamentalisti indù, la lettera chiede ai vescovi di “essere particolarmente vigili nel salvaguardare i principi più ampi dei diritti delle minoranze e della libertà religiosa. Come cittadini, è nostro dovere costituzionale sostenere i diritti di tutte le comunità religiose e solidarizzare con quanti vedono la propria libertà minacciata”.
“Auspichiamo che la Conferenza episcopale si impegni in una riflessione e in una consultazione più approfondita prima di rilasciare dichiarazioni pubbliche su questioni di ampia portata – conclude il testo -. La forza della nostra testimonianza come Chiesa risiede nel nostro impegno per la giustizia, la pace e la solidarietà, non solo all'interno della nostra comunità, ma anche con tutti quanti sono vulnerabili. Confidiamo che questa preoccupazione venga accolta nello spirito di dialogo rispettoso e di responsabilità condivisa che ci lega tutti nella fede”.
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