Assalto islamista all’aeroporto di Karachi: 24 morti, oltre 20 feriti
Karachi (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina sono ripresi gli scontri nel principale aeroporto di Karachi, nella provincia meridionale del Sindh, fra le forze di sicurezza pakistane e gruppi fondamentalisti. Ieri un attacco sferrato da uomini armati ha causato almeno 24 morti, la maggior parte dei quali erano impiegati dello scalo e personale preposto alla sicurezza, e oltre 20 feriti; dieci le vittime fra le milizie estremiste, che hanno ingaggiato una battaglia durata oltre sei ore con i militari di Islamabad. "Abbiamo lanciato una nuova operazione - conferma il portavoce delle forze paramilitari Sibtain Rizvi - chiamando altre truppe a rinforzo".
La prima fase dei violenti scontri al Jinnah International Airport di Karachi sono iniziati nella tarda serata di ieri e sono proseguiti sino all'alba. Forniti di giubbotti carichi di esplosivo, granate, lanciarazzi e altre armi pesanti, gli assalitori hanno ingaggiato un pesantissimo scontro con le forze di sicurezza; fonti locali riferiscono che si tratta di uno degli attacchi più "sfrontati" e "clamorosi" per dinamica e modalità degli ultimi anni.
L'assalto pone di nuovo al centro dell'attenzione la questione sicurezza nel Paese asiatico; i talebani pakistani hanno rivendicato la responsabilità dell'attacco, in risposta alla morte del capo Hakimullah Mehsud morto in un raid dei dreni Usa nel novembre scorso. Esso giunge inoltre in una fase di stallo nei colloqui di pace fra governo di Islamabad e gruppi talebani. Funzionari locali riferiscono che l'obiettivo dell'assalto era un aereo in fase di imbarco; quando si sono visti respinti, i miliziani hanno cominciato a colpire in modo indiscriminato per tutto lo scalo "in preda a frustrazione".
Karachi è una metropoli di oltre 13 milioni di abitanti - la più popolosa del Pakistan - ed è una miscela esplosiva di bande criminali, signori delle terre, trafficanti di droga, violenza comune, rivalità politiche e fondamentalismo di matrice islamica. A gennaio il governo ha gettato le basi per l'avvio di un dialogo di pace con il Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), cui è seguita la presentazione nelle settimane successive del primo Codice di condotta in materia di Sicurezza nazionale. Iniziative che non hanno tuttavia fermato la spirale di violenze, di matrice estremista islamica, che da tempo insanguina il Paese. Se, da un lato, il Ttp ha promesso di rispettare il cessate il fuoco, dall'altro gruppi miliziani talebani hanno attaccato a più riprese istituzioni, caserme della polizia, obiettivi militari. In risposta, l'esercito ha compiuto una serie di raid nelle aree tribali contro roccaforti islamiste.
La tregua fra governo e talebani è scaduta il 16 aprile scorso, ma gli islamisti hanno confermato il proposito di voler continuare le trattative. Peraltro, nel contesto dei colloqui i talebani chiedono il rilascio di centinaia di prigionieri, il ritiro dell'esercito in molte zone tribali al confine con l'Afghanistan e l'introduzione della legge islamica (sharia) nel Paese. Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Secondo una recente statistica, dall'inizio della campagna di violenze dei talebani pakistani nel 2007 sono state uccise più di 6.800 persone in attentati, esplosioni e omicidi mirati in tutto il Paese.