Arrestato il prof. Chen Zhaozhi. Aveva denunciato il ‘virus del Partito comunista cinese’
Lo scorso anno aveva gridato “abbasso Li Peng” durante il funerale dell’ex premier cinese. Chen si rifiuta di dichiararsi colpevole. In tanti, dentro e fuori la Cina, criticano il Pcc per la sua gestione della crisi pandemica.
Pechino (AsiaNews) – La polizia ha arrestato Chen Zhaozhi, docente in pensione all’università di scienze e tecnologia di Pechino. L’arresto è avvenuto il 14 aprile a Pechino. Egli è finito nel mirino delle autorità – e dei nazionalisti – per aver detto che il Covid-19 non è un “virus cinese”, ma un “virus del Partito comunista cinese”, collegando l’origine e la diffusione del morbo polmonare all’operato del regime.
Formalmente, Chen è stato arrestato per aver fomentato disordini. Per il suo avvocato, Ma Gangquan, si tratta di una “vendetta” del Dipartimento di polizia. L’accademico era sotto osservazione da tempo. Lo scorso anno, davanti al forno crematorio del cimitero di Babaoshan, aveva gridato “abbasso Li Peng”. Era il giorno in cui si celebrava il funerale dell’ex premier cinese, uno dei principali responsabili del massacro di Tiananmen nel 1989.
Chen soffre di pressione alta e di recente è stato colpito da un ictus. Gli è stata diagnosticata anche una forma di demenza. Lo hanno imprigionato nel carcere di Haidian, un distretto della capitale. Pochi giorni prima dell’arresto, la polizia aveva perquisito la sua casa, controllando il suo cellulare e sequestrandogli il computer. Nonostante le pressioni subite dalle autorità, racconta il suo legale, egli si è rifiutato di dichiararsi colpevole, convinto che quanto da lui affermato rientri nella sua libertà di espressione.
Secondo diversi osservatori, il Pcc sta cercando di silenziare chiunque metta in discussione la sua gestione dell’infezione polmonare, spalleggiato in questo dalle frange più nazionaliste della popolazione.
Due accademici sono indagati per aver espresso apprezzamento per il “Diario da Wuhan”, in cui la scrittrice Fang Fang racconta la vita nella capitale dell’Hubei, epicentro della pandemia, nei giorni del “lockdown”. Ella ha sostenuto che l’abuso di potere da parte delle autorità ha impedito una rapida ed efficace azione contro il morbo.
Dopo aver rivolto le stesse critiche al regime, molti intellettuali sono spariti. L’attivista per i diritti umani Xu Zhiyong è recluso in una prigione segreta per “incitamento alla sovversione contro il potere dello Stato”. Da febbraio non si hanno notizie neanche di Xu Zhangrun e He Weifang, secondo i quali la mancanza di libertà di stampa ha favorito la propagazione del coronavirus.
Gli attacchi al Partito sono arrivati anche dall’estero. Il card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha dichiarato di recente che il Pcc è colpevole per la pandemia. In un appello mondiale, un gruppo internazionale di accademici, parlamentari, leader politici e avvocati ha chiesto al popolo cinese di smettere di sostenere in modo acritico il regime comunista, colpevole di aver provocato l’attuale crisi pandemica.
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