Arrestate 19 persone per gli attentati a Medina e Jeddah, 12 sono pakistani
Fra i kamikaze vi è anche il 26enne saudita Naer Muslim Hamad; per le autorità egli aveva problemi di droga in passato. Incertezze sulla nazionalità di altre tre persone, già identificate. Ad oggi non vi sono rivendicazioni ufficiali degli attacchi, ma lo Stato islamico resta il principale indiziato.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Fra le 19 persone arrestate per i tre attacchi bomba dei giorni scorsi a Medina e Jeddah, 12 di queste sono di origine pakistana. È quanto afferma il ministero saudita degli Interni, che ha diffuso al contempo il nome dell’attentatore che ha colpito nella seconda città santa dell’islam, uccidendo quattro persone. Si tratterebbe del 26enne saudita Naer Muslim Hamad che, in passato, avrebbe avuto gravi problemi di tossicodipendenza.
La polizia ha identificato altre tre persone che, a vario titolo, hanno partecipato agli attacchi bomba nelle due città; si tratta del 23enne Abdulrahman al-Omar, del 20enne Ibrahim al-Omar e del 20enne Abdulkarim al-Husni. I tre non sarebbero originari dell’Arabia Saudita; tuttavia, al momento la loro nazionalità non è chiara.
Il 4 luglio scorso un attacco bomba ha colpito la moschea di Medina, dove secondo la tradizione è sepolto Maometto; si tratta di uno dei luoghi più sacri dell’islam, e le violenze sono avvenute alla vigilia della festa per la fine del digiuno del Ramadan. Il bilancio è di quattro funzionari della sicurezza uccisi, altri cinque feriti.
Nelle prime ore della stessa giornata un attentatore suicida è morto dopo essersi fatto saltare in aria nei pressi del consolato statunitense a Jeddah.
Finora nessun gruppo ha rivendicato in via ufficiale gli attacchi, anche se i sospetti convergono sullo Stato islamico (SI) o su singoli simpatizzanti - i cosiddetti lupi solitari - attivi nel regno.
Del resto già in passato Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] ha compiuto attentati in Arabia Saudita.
Analisti e osservatori hanno evidenziato il fatto che le guardie uccise nello scoppio stavano proteggendo un gruppo di pellegrini sciiti, una minoranza nel regno saudita e che le milizie jihadiste considerano apostati e meritevoli di condanna a morte.
Le esplosioni sono avvenute alla vigilia della festa di Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro di digiuno e preghiera, e hanno seminato panico e costernazione nella maggioranza dei musulmani moderati. Per l’obiettivo e per le tempistiche dell’attacco. Alla vigilia del Ramadan un portavoce dello SI aveva promesso “un mese di calamità per gli infedeli”, anticipando a parole non solo gli attacchi in Arabia Saudita ma anche le strage di Baghdad (Iraq) e gli attacchi a Dhaka (Bangladesh) e in Turchia solo per citarne alcuni.