Arcivescovo di Yangon a Manila: Dopo Haiyan, si scateni l'uragano della compassione
Manila (AsiaNews) - "A nome della Chiesa e del popolo del Myanmar, vi offro tutta la vicinanza e le nostre più sentite condoglianze alle famiglie che hanno perso i propri cari" nelle devastazioni causate dal tifone Haiyan/Yolanda nelle Filippine. Nel 2008 anche "il nostro Paese è stato colpito da Nargis", un ciclone devastante di categoria 4, che "ha ucciso oltre 150mila persone. Conosciamo le vostre sofferenze, le sentiamo anche noi e per questo preghiamo per voi". È quanto ha sottolineato mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, durante l'omelia tenuta lo scorso fine settimana a Manila, dove ha partecipato alla 34ma edizione della processione di Intramuros e presieduto una messa solenne. Dal 1980 la comunità cattolica filippina promuove una celebrazione per la prima domenica di dicembre, preludio alla festa dell'Immacolata Concezione; per l'edizione 2013, che è coincisa con la prima domenica di Avvento, il comitato organizzatore ha invitato il prelato birmano, il quale ha presieduto l'Eucaristia alla chiesa di Sant'Agostino.
Mons. Charles Bo si è rivolto ai cattolici filippini, spronandoli a mostrare in un tempo di prove e di lutto "l'uragano dell'umanità, l'uragano della compassione, l'uragano del servizio agli afflitti", per ritrovare la dimensione di "umanità e immortalità". Egli ricorda che "servirà tempo per guarire le ferite", come successo in Myanmar dopo le devastazioni di Nargis, ma "il valore e la generosità del popolo filippino, che si è subito attivato per portare aiuti e prestare opera volontaria" avrà la meglio sulle devastazioni.
In questo periodo di Avvento, il prelato ricorda l'importanza della "preparazione" agli eventi ed esalta la figura della Vergine Maria, l'unica che ha saputo riconoscere la venuta del Signore. Nel corso dell'omelia, mons. Bo ricorda anche le difficoltà attraversate dal Paese nella storia recente: povertà, emigrazione, dittatura, che uniscono in modo ideale le Filippine e il Myanmar. "Avete affrontato l'uragano dell'oppressione - spiega - ma la vostra gente ha saputo vincerlo senza spargimenti di sangue, senza violenza perché, come Maria, anche voi confidate nel potere delle mani vuote, nel potere della verità e della fede". "Fatti simili si sono verificati pure nel mio Paese - afferma l'arcivescovo di Yangon - dove l'arroganza dei militari è stata sciolta dal fascino e dalla grazia di una donna semplice [Aung San Suu Kyi, ndr]".
L'arcivescovo birmano - che ha trascorso quattro giorni nel Paese e ha incontrato anche il card Luis Antonio Tagle - esprime la propria ammirazione per la fede del popolo filippino, invitandolo a non smarrire le tradizioni e gli elementi culturali che lo hanno contraddistinto nel corso della storia. Egli riporta l'esempio di un monaco birmano, che dopo un viaggio nelle Filippine ha dichiarato che i suoi cittadini "magari non credono nel paradiso, ma di certo credono negli Stati Uniti".
Il Vangelo invita a "preservarci dalle illusioni", avverte il prelato, e a non disperdere il proprio patrimonio perché "la cultura è l'anima di un popolo". "Il consumismo e l'imitazione della cultura occidentale - aggiunge - sono come ladri che entrano nelle nostre case [...] ed è una sfida che il cristianesimo di oggi è chiamato ad affrontare: come pensare a livello globale, rimanendo radicati nella propria cultura".
"Vi dico questo con tutto il mio amore - conclude la sua omelia mons. Bo - perché voi siete la più grande nazione cattolica di tutta l'Asia. E ciò che fate voi in quanto cristiani, si riflette nelle altre parti dell'Asia. Non solo a livello culturale, ma anche nella lotta contro la povertà, l'Asia guarda con attenzione alle Filippine".