Anno della fede in India: La povertà sta distruggendo il Paese
Mumbai (AsiaNews) - Un simposio nazionale per riflettere sull'applicazione, nell'India di oggi, della dottrina sociale della Chiesa, partendo dai documenti del Concilio Vaticano II: è quanto organizzato dalla Commissione per la teologia e la dottrina della Conferenza episcopale indiana di rito latino (Ccbi-Lr), in vista della chiusura dell'Anno della fede. L'incontro si è svolto dal 25 al 27 ottobre scorsi al St. Pius College e vi hanno partecipato vescovi, sacerdoti, religiosi e 550 delegati provenienti da 44 diocesi di tutto il Paese. Mons. Agnelo Gracias, presidente della Commissione, ha spiegato: "Abbiamo riflettuto sull'India di oggi. Il nostro è un Paese segnato da grande progresso economico e tecnologico, da molta compassione, un Paese che sta diventando sempre più omogeneo sotto l'impatto dei media e della globalizzazione. Ma l'India ha anche i suoi lati negativi". Dal simposio sono emersi cinque spunti di riflessione:
1. Un Paese con molte risorse, ma segnato da una povertà disumanizzate;
2. Un Paese dove le donne sono venerate, ma discriminate fino a essere vittime di violenza sessuale;
3. Un Paese che ha dato i natali alle principali tradizioni religiose, ma macchiato dal nazionalismo e dai conflitti religiosi;
4. Un Paese dove la vita è ritenuta sacra, ma soccombe alla cultura della morte;
5. Un Paese dove la natura è onorata, ma che affronta minacce ecologiche.
Un Paese segnato da una povertà disumanizzante
Ci imbattiamo in due tipi di India: da un lato c'è un'economia in rapido sviluppo, e dall'altro un crescente numero di poveri del tutto ignorati. Una persona su tre è sotto la soglia di povertà, con circa 300 milioni di migranti in cerca di lavoro e sopravvivenza. Secondo il Global Hunger Index Report 2011-2013, un quarto della popolazione mondiale affamata vive in India (210 milioni su 842 milioni) e il 43,5% dei bambini malnutriti sotto i 5 anni al mondo sono indiani (Hindustan Time, 21 ottobre 2013).
In questa India, come possiamo svolgere un ruolo profetico e di testimonianza per la persona e il messaggio di Gesù Cristo? come possiamo combattere contro la povertà e costruire una civiltà d'amore, in modi pratici e significativi? Queste sono le questioni su cui ci siamo interrogati. Abbiamo pensato a varie iniziative:
- Chiediamo ai nostri leader di seguire il principio dato da Papa Francesco, che vuole che la Chiesa sia "la Chiesa dei poveri". Nell'occasione della sua visita ad Assisi, il Papa ha detto: "La Chiesa cattolica deve spogliarsi di ogni vanità, arroganza e orgoglio e con umiltà servire i più poveri della società".
- Chiediamo ai nostri vescovi di migliorare l'Education Policy della Conferenza episcopale indiana (Cbci), per rendere le nostre scuole e gli altri istituti educativi più vicini ai poveri.
- Noi, i partecipanti di questo simposio, vogliamo combattere contro la cultura del benessere, che ci fa pensare a noi stessi e ci rende insensibili ai bisogni degli altri, e che conduce a una "globalizzazione dell'indifferenza". Come l'uomo ricco nella parabola di Gesù, noi siamo abituati alla sofferenza di Lazzaro. Essa non ci preoccupa.
- Noi lotteremo contro la corruzione in ogni modo possibile, né pagheremo o daremo mazzette, chiedendo una ricevuta per ogni acquisto, pagando salari giusti a quelli che lavorano per noi. Useremo i meccanismi e le facilitazioni disponibili, come il Right to Information Act (Rta) e il Food Security Bill per combattere la corruzione e lenire le fatiche dei poveri. Saremo coraggiosi nel denunciare tutto ciò che è malvagio, ingiusto e sbagliato, per annunciare davvero la "Buona Novella". La cultura del silenzio ha portato alla "cultura della morte".
- Avremo particolare attenzione verso i deboli e gli emarginati, in particolare i Dalit, unendoci alle proteste contro la violazione dei diritti umani. Esortiamo le nostre parrocchie a essere più attente nei loro confronti, accogliendoli nelle nostre parrocchie. Vogliamo essere persone che offrono loro speranza. Seguendo l'esempio dei primi cristiani, che hanno condiviso generosamente con i poveri, faremo personali sacrifici, per quanto essi possano costarci, per i poveri, i dalit e i tribali di oggi. Solo allora diventeremo davvero la Chiesa dei poveri.