Ankara arresta un giudice turco all’Onu, in violazione dell’immunità diplomatica
Aydin Sedaf Akay è stato fermato il 21 settembre scorso, per presunti legami con gli autori del tentato golpe di luglio. Egli è un componente del tribunale internazionale sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia e Rwanda. Le autorità turche hanno negato la visita in carcere. Il suo arresto ha causato il blocco del processo di appello contro un criminale di guerra.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di sicurezza di Ankara hanno arrestato un magistrato turco membro del consiglio giudicante del Tribunale penale internazionale, l’organismo giurisdizionale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra e genocidio. Attivisti ed esperti di diritto denunciano il fermo, avvenuto a settembre - anche se la notizia è circolata solo in queste ultime ore - in palese violazione dell’immunità diplomatica di cui gode il giudice.
In passato il magistrato Aydin Sedaf Akay è stato parte del collegio giudicante chiamato a pronunciarsi sui crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia e in Rwanda, unici due casi sinora per i quali è stato coinvolto il tribunale internazionale Onu. Egli è stato fermato per (presunti) legami con gli autori del (fallito) colpo di Stato in Turchia del luglio scorso.
Secondo quanto riferisce Theodor Meron, presidente dell’organo giurisdizionale delle Nazioni Unite, la polizia turca lo ha arrestato il 21 settembre scorso “in violazione dell’immunità diplomatica” e della “indipendenza della magistratura”. L’ufficio Onu per gli Affari legali, aggiunge Meron, “ha già chiesto il suo rilascio” e “il decadimento di tutte le procedure pendenti nei suoi riguardi”.
Nel frattempo le autorità turche hanno negato a Meron il permesso di visitare in carcere il collega.
Quello di Aydin Sedaf Akay sarebbe il primo caso al mondo di arresto in violazione dell’immunità garantita dall’Onu. Inoltre, il fermo del giudice turco avrebbe causato l’interruzione del processo di appello per crimini di guerra a carico di Augustin Ngirabatware, un politico del Rwanda condannato nel 2012 in primo grado a 35 anni per genocidio.
Anche questo fermo è da inquadrare nella politica di repressione lanciata dal governo e dal presidente Recep Tayyip Erdogan contro (presunti) autori del fallito golpe, fra i quali i sostenitori del predicatore islamico Fethullah Gülen, ritenuto la mente del colpo di Stato. Dal suo esilio negli Stati Uniti, egli continua a negare ogni coinvolgimento nella vicenda, in cui sono morte 270 persone, migliaia i feriti.
Finora le autorità turche hanno arrestato decine di migliaia di persone, fra cui docenti, membri delle forze armate, intellettuali, oppositori politici, imprenditori, giornalisti, attivisti e semplici cittadini. Secondo i critici Erdogan avrebbe sfruttato il tentativo di colpo di Stato per silenziare l’opposizione, emarginare il Parlamento e instaurare una Repubblica presidenziale.