Ancora morti tra i 'lavoratori delle fogne' a Faisalabad
Asif Masih, 25 anni, e Shan Masih, 28, hanno inalato i gas tossici dopo essersi calati in un tombino intasato. Lasciano le mogli e tre figli ciascuno. La tragedia avvenuta domenica 17 marzo getta luce su questa categoria di lavoratori, senza tutele e discriminata.
Faisalabad (AsiaNews) - Altre due morti tra i “lavoratori delle fogne” cristiani in Pakistan gettano luce sulle tragiche e precarie condizioni in cui questa categoria si ritrova a operare. A perdere la vita due giorni fa sono stati Asif Masih, 25 anni, e Shan Masih, 28, residenti a Maqbool Town, Ghulam Mohammadabad; erano cugini, lasciano le mogli e tre figli ciascuno. La loro dipartita è stata fermamente condannata dagli attivisti dei diritti dei lavoratori, che non hanno usato mezzi termini, considerando le loro morti “omicidi” avvenuti sul luogo di lavoro, “per dovere”.
I cugini Masih - il più giovane al servizio di Wasa (Water and Sanitation Agency), mentre il secondo di Fwmc (Faisalabad Waste Management Company) - operavano di domenica, giorno di riposo per la comunità cristiana che in Pakistan subisce alti gradi di persecuzione, senza adeguati strumenti in grado di salvaguardarne la salute. I lavoratori sono stati costretti ad addentrarsi in un tombino intasato (circa 5 metri di larghezza e 5 di profondità) appartenente alla rete fognaria, situato all’esterno di una sala per matrimoni nel distretto di Faisalabad, provincia di Punjab. Privi di un adeguato equipaggiamento - kit igienico, maschera antigas - l’inalazione dei gas tossici è risultata letale, uccidendoli sul colpo.
Dopo il tragico fatto nessuno tra Wasa, Fwms e Marquee (sala per matrimoni) si sta assumendo la responsabilità delle loro morti. Wasa punta il dito contro Marquee, dicendo che non dovevano operare la domenica. Quest’ultima accusa le compagnie per cui Asif e Shan Masih lavoravano, di non aver garantito loro la dovuta sicurezza, provocandone così la morte, come peraltro già è accaduto ad altri “lavoratori delle fogne”. Sul motivo per cui i due stavano operando di domenica, risponde Ilyas Masih, padre di Asif Masih. “Stavano lavorando privatamente per guadagnare qualche soldo per i loro bambini, in vista della Pasqua. Per Natale non avevano ricevuto lo stipendio in tempo. Pensavano a vestiti nuovi e altre cose per i figli”, ha detto. Le famiglie piangono le persone dedite alla sussistenza economica. “Come possiamo ora celebrare l’imminente Pasqua, avendo perso due persone care?”, si dispera.
Famiglie che hanno ricevuto immediatamente la visita di Khalil Tahir Sandhu, ministro provinciale dei diritti umani, il quale ha assicurato “che il governo del Punjab si prenderà cura dei figli di questi due lavoratori e che le loro spese educative saranno a carico del governo”. Se da una parte l’attenzione dedicata a questo caso dalle autorità infonde speranza, dall’altra rappresenta una nuova spinta per denunciare le inumane condizioni in cui questi lavoratori operano ancora. “Mesi fa, un supervisore ha ordinato a un ragazzo cristiano di 15 anni di pulire il tombino: anche lui è morto per assenza del kit di equipaggiamento - racconta Abrar Younas, leader di un sindacato -. Ora, dopo questo caso, Mariam Nawaz, primo ministro del Punjab, ha preso atto dell'incidente, ma c'è molto da fare”. A cominciare dalla netta accusa nei confronti dei supervisori dei “lavoratori delle fogne” di compiere “assassinii”, e dal divieto di lavorare privatamente, senza tutele.
Naveed Walter, presidente di Hrfp (Human Right Focus Pakistan), ong attiva nel Paese dal 1994, ha parlato di come la morte dei cugini Masih racconta delle sfide che quotidianamente i “lavoratori delle fogne” affrontano. “Non sono riconosciuti, sono sottopagati e appresentano uno dei segmenti più emarginati della società”, ha affermato. Sfide che sono aumentate esponenzialmente negli ultimi 15 anni in Pakistan, città di Faisalabad inclusa. “Il 90 per cento di questi lavoratori appartengono alla comunità cristiana (nel Paese i cristiani sono circa 4 su 233 milioni di abitanti, ndr). Questo è il motivo principale per cui subiscono discriminazioni, sono sfruttati e abusati”, continua. Hrfp da anni si impegna affinché le cose possano migliorare. Nel 2015 una petizione è stata presentata all’Alta Corte di Lahore, con oggetto i diritti di questi lavoratori. La Corte ha spinto l’amministrazione locale perché vengano loro forniti loro i kit igienici necessari, ma a questa richiesta è seguito un nulla di fatto. "Nel corso degli anni molti sono morti, molti sono diventati disabili, altri hanno affrontato diverse complicazioni legate alla salute”, continua Naveed Walter. Situazioni che causano forti disagi alle loro famiglie, le quali spesso non sono affatto tutelate, senza alcune misura di protezione, assicurazione o previdenza sociale. Ora l’importante è agire, per evitare altri drammi umani di questa natura. “Le autorità locali e il governo dovrebbero intraprendere azioni immediate per fornire tutte le risorse e le attrezzature di sicurezza necessarie”, conclude.
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