Anche a Gaza si torna a scuola. Ma i bambini "hanno perso la loro umanità"
Gerusalemme (AsiaNews) - Come in tanti Paesi del mondo, anche a Gaza ieri è stato il primo giorno di scuola. Ma nella Striscia, gli studenti che sono tornati a sedere tra i banchi sono bambini ormai incapaci di parlare, correre, piangere. Molti sono sporchi, vivono per la strada, senza nemmeno una tenda o una coperta a ripararli. Altri sono stati accolti da quelle poche famiglie la cui casa è rimasta in piedi per miracolo. Una situazione "quanto mai drammatica - conferma ad AsiaNews p. Manawel Musallam, sacerdote palestinese che da 15 anni dirige una scuola cattolica a Gaza - perché questi bambini hanno perso la loro umanità".
Nella Striscia le attività scolastiche hanno ripreso con tre settimane di ritardo rispetto ai ritmi normali, dopo quasi due mesi di conflitto tra Israele e Hamas. Iniziate l'8 luglio scorso, le violenze hanno causato la morte di oltre 2.140 palestinesi, di cui più di 500 erano bambini. Su 1,8 milioni di abitanti, quasi il 45% della popolazione ha meno di 14 anni. Secondo il ministero dell'Istruzione, almeno 24 scuole sono state distrutte dai bombardamenti israeliani e 190 parzialmente danneggiate.
Secondo l'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) - che nella Striscia dirige 245 scuole - 373mila bambini e adolescenti "avranno bisogno di sostegno socio-psicologico specializzato e diretto". Per questo, l'organismo ha offerto speciali corsi di formazione agli insegnanti.
"Molte scuole - spiega ad AsiaNews p. Musallam, che per diversi anni è stato parroco della Santa Famiglia - sono state trasformate in rifugio per i palestinesi a cui hanno distrutto le case. Ma quando riunisci più di mille persone in un luogo che ha elettricità, né acqua, si può solo immaginare il problema sanitario. Abbiamo impiegato più di 15 giorni per pulire e riordinare tutto".
Tuttavia, confessa il sacerdote palestinese, "a volte io per primo mi domando il senso di riaprire queste scuole. Non impareranno arabo, inglese, scienze, fisica. Non studieranno. Avrebbero bisogno di almeno un anno di cure e riabilitazione psicologica, ma qui in Palestina non abbiamo nessuno specializzato che si prenda cura di loro. Sono esseri umani feriti: ma una persona nelle loro condizioni, senza trattamenti adeguati, rischia di diventare pericolosa per gli altri".
Noi, aggiunge, "dovremmo lavorare per trasformarli in agenti di pace. Ma i ragazzi che oggi hanno 17 anni hanno già visto quattro guerre. Israele non ha mostrato alcuna misericordia verso il popolo palestinese. Ora questi bambini hanno perso la loro umanità, la gioia, la libertà; sono di nuovo lontani dalla pace, dall'amore verso l'altro, dall'accettare il prossimo. Questi ragazzi sono i combattenti di domani, ma rischiano di diventare terroristi". (GM)