A Lenin Raghuvanshi, attivista per i dalit, il Premio per coloro che ‘fanno la differenza’
Il “Karmaveer Maharatna Award” verrà consegnato il 26 novembre. Il dott. Raghuvanshi ha rinnegato la propria ricca origine per lottare per i diritti umani di ogni cittadino indiano. Nel 1996 ha fondato il People’s Vigilance Committee on Human Rights che oggi conta 72mila membri. È ideatore di una nuova ideologia “neo-dalit, con cui aspiro a rivendicare la dignità umana”.
New Delhi (AsiaNews) – Lenin Raghuvanshi, attivista indiano che lotta per eliminare il sistema delle caste e la discriminazione dei dalit nel Paese, è stato nominato vincitore del “Karmaveer Maharatna Award” per il 2019. Il riconoscimento è assegnato dalla “International Confederation of NGOs” e viene conferito alle “persone che hanno influenzato la società grazie al loro nobile lavoro come fonte d’ispirazione e continuano a essere agenti di cambiamento e a fare la differenza”.
Il premio verrà consegnato il 26 novembre a Noida, presso la Ramagya School. Ad AsiaNews Raghuvanshi commenta: “È un riconoscimento al mio essere voce, corpo e anima di un movimento nazionale per il diritto a una vita di dignità, al mio impegno di tutta la vita per eliminare ogni forma di sfruttamento di bambini, donne e oppressi, e alla mia devota crociata per l’abolizione completa del sistema castale”.
Il dott. Raghuvanshi, 49 anni, è originario di Varanasi, in Uttar Pradesh. Discende da una ricca famiglia di casta elevata, che però lui preferisce definire “feudale”. “Avrei potuto facilmente avere – dice – una vota confortevole e agiata. Invece fin dall’inizio sono stato contrario al sistema delle caste. Questo ha seminato in me il seme dell’attivismo sociale”.
Anche il contesto sociale in cui vive in Uttar Pradesh plasma il suo desiderio di difendere i diritti umani: “Vedevo una relazione iniqua tra uomini e donne, in cui l’uomo esercitava la propria forza, violenza e controllo nei confronti della donna”.
Della sua infanzia, racconta: “Mio nonno era un combattente per l’indipendenza di Gandhi e voleva che anche io divenissi gandhiano. Mio padre invece voleva che fossi comunista. Questa lotta intestina mi ha esposto a varie sfumature d’opinione fin dall’infanzia”.
Alla fine egli si laurea in Ayurveda, medicina moderna e chirurgia (Bams) e inizia a lavorare per eliminare le pratiche discriminatorie verso i settori emarginati della società. Nel 1996 fonda il People’s Vigilance Committee on Human Rights (Pvchs) insieme alla moglie Shruti Nagvanshi e altri intellettuali. “Ero convinto – dice – che finchè la società indiana non avesse affrontato in maniera diretta le ingiustizie del sistema castale, non avrebbe mai attaccato alla radice i conflitti sociali. Traducendo queste opinioni in azione, ho creato istituzioni locali, nazionali e regionali che sfidano le caste”.
Oggi l’organizzazione conta circa 72mila membri, di cui 7mila vittime di tortura. Lavora nelle baraccopoli indiane, dove incentiva l’adozione a distanza delle madri per ridurre il numero di decessi neonatali e delle donne incinte; per eliminare il lavoro forzato dei bambini, sfruttati come manodopera veloce e a basso costo nelle miniere; per i diritti terrieri dei tribali, e contro l’esproprio forzato delle loro case.
Nella sua vita, racconta, “sono stato influenzato da cinque personalità: Gesù, Maometto, Karl Marx, Buddha e il dott. B. R. Ambedkar [il padre della lotta contro le caste]. Con l’impegno a portare avanti queste ideologie, insieme alla lotta contro le discriminazioni come difensore dei diritti umani, ho creato una nuova ideologia, il movimento neo-dalit, con cui aspiro a rivendicare la dignità umana”.
Come “forma di protesta contro il sistema castale” Raghuvanshi e la moglie hanno deciso di convertirsi al buddismo: “Siamo laici nella vita sociale, ma molto spirituali nella dimensione privata e pratichiamo la meditazione di varie fedi e religioni”.
Ripensando alla propria esistenza, il medico afferma: “Ho intrapreso un viaggio duro, tumultuoso e arduo per fare del bene a ogni cittadino indiano che subisce torti e viene discriminato”. Per questo il premio, dice in conclusione, “è un grande onore per la nostra lotta non violenta contro la mascolinità egemonica del sistema delle caste e della società patriarcale. Lo dedico a tutti gli attivisti e i difensori dei diritti umani che lottano contro questa egemonia”. (A.C.F.)
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