14/02/2024, 12.40
PAKISTAN
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Kashmir, ahmadi nel mirino degli estremisti: fedeli feriti, minareti abbattuti

di Shafique Khokhar

Un luogo di culto nel distretto di Kotli attaccato da un commando di decine di fanatici, il custode ricoverato con ferite gravi. In precedenza lanciato un ultimatum alle autorità per la demolizione. Nonostante i filmati delle telecamere a circuito chiuso la polizia non ha ancora compiuto arresti. Leader ahmadi ad AsiaNews: “Vogliamo giustizia”. 

Azad Jammu Kashmir (AsiaNews) - La comunità ahmadi in Pakistan di nuovo nel mirino di gruppi estremisti e vittima di persecuzioni: l’ultimo attacco, in ordine di tempo, è avvenuto il 12 febbraio contro un luogo di culto a Bhabra, nel distretto di Kotli, nella regione del Azad Jammu and Kashmir. L’assalto, sferrato anche a colpi di arma da fuoco, ha causato il ferimento di diversi membri della comunità, che riferiscono pure di pesanti percosse e violenze ai danni di uomini e donne, oltre all’abbattimento dei minareti della moschea (nella foto) e il saccheggio dell’edificio.

Le forze dell’ordine, allertate dalle vittime, sono arrivate con estremo ritardo e non hanno potuto impedire la fuga degli assalitori, un commando formato da 60/64 persone in totale. Ad aver riportato le conseguenze peggiori sono otto uomini e cinque donne, che hanno riportato gravi ferite. Dalle prime ricostruzioni sembra che il gruppo abbia messo fuori uso, rompendole, le telecamere a circuito chiuso per poi fare irruzione nel luogo di culto e compiere le devastazioni. 

Gli aggressori sono entrati nella moschea e hanno iniziato a picchiare il custode, Wajid Hussain (ricoverato in condizioni critiche), usando aste di ferro e martelli. Quando altri membri della comunità ahmadi sono accorsi in aiuto della vittima, anch’essi sono stati percossi con violenza e abusati dal commando estremista, che ha poi preso a sassate le case della zona e ferito alcuni residenti poi trasportati all’ospedale distrettuale a Kotli per cure mediche. Da novembre dello scorso anno il luogo di culto era finito nel mirino degli estremisti e a nulla sono valse le denunce e le segnalazioni alla polizia. Alcuni leader radicali avevano dato tempo fino al 16 dicembre per sgomberare l’area e demolire i minareti, poi avrebbero agito in prima persona come è avvenuto.

Il raid è avvenuto in una fase travagliata per la vita del Paese, all’indomani delle elezioni generali dall’esito incerto che hanno portato alla formazione del governo da parte dell’ex premier Nawaz Sharif, con la sua Lega musulmana alleata coi Popolari di Bilawal Bhutto. Un esecutivo ancora in fieri ma già nel mirino di oppositori e indipendenti che fanno riferimento all’ex campione di cricket e già primo ministro Imran Khan, oggi rinchiuso in carcere ma con un nutrito seguito fra l’elettorato. Interpellato da AsiaNews il leader ahmadi Aamir Mehmood riferisce che “lo scorso anno sono stati denunciati 42 episodi di persecuzione e decine di minareti demoliti. Quest’anno - aggiunge - si sono registrati sinora due incidenti”. Egli non risparmia critiche allo Stato e alle autorità chiamate a “proteggere i cittadini” eppure hanno “fallito miseramente”, per poi rilanciare la richieste di giustizia e che i colpevoli siano arrestati. “Abbiamo i video di questo attacco - conclude - e la polizia può facilmente identificare gli aggressori”.

In Pakistan la comunità musulmana ahmadi conta fra i 600mila e i due milioni (le stime variano) di fedeli, mentre nel mondo ve ne sono fra i 10 e i 20 milioni la maggior parte lontana dai luoghi di origine. Fondata alla fine del 19mo secolo in India, la dottrina ahmadi è considerata “eretica” da buona parte del mondo musulmano sunnita e sciita, soprattutto fra le frange estremiste. Essa onora il proprio fondatore, Mirza Ghulam Ahmad, e presenta credenze legate ad altre religioni. Il Paese asiatico vieta ai fedeli di questa confessione di usare saluti e preghiere islamiche, e di riferirsi ai loro luoghi di culto come “moschee”. Gli ahmadi sono una delle comunità - insieme ai cristiani - spesso vittime delle leggi sulla blasfemia, usate per perseguitare le minoranze.

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