Beirut: l’offensiva israeliana alimenta l’emergenza sanitaria, ospedali e medici nel mirino
La guerra mossa dallo Stato ebraico a Hezbollah ha reso inagibili nove strutture e causato 178 morti e 292 feriti solo fra gli operatori sanitari. Per coprire almeno le spese di base nel settore serviranno quasi 120 milioni di dollari entro i prossimi sei mesi. L’impegno del governo ad interim e del ministro Abiad per cercare di rispondere ai bisogni della sanità pubblica e privata.
Beirut (AsiaNews) - Rese fragili dalla guerra, le un tempo ricche reti ospedaliere pubbliche e private del Libano, così come i centri di accoglienza improvvisati per gli sfollati, stanno unendo i loro sforzi sotto la guida del ministro della Sanità Firas Abiad, per rispondere a bisogni enormi e in continua crescita. “Non abbiamo ancora realizzato appieno la portata del dramma. Lo vedremo più chiaramente quando la pace sarà tornata” ritiene il titolare ad interim del dicastero, che si occupa in particolare delle emergenza e, soprattutto, dei centri di accoglienza per gli sfollati. Questi ultimi ospitano, secondo i dati ufficiali delle autorità di Beirut, circa 240mila persone su un totale complessivo di 1,3 milioni di sfollati per il conflitto.
I numeri degli esperti indicano che oltre 300mila libanesi hanno già trovato rifugio temporaneo in Iraq e Siria. Il saldo di queste due cifre, rispetto al numero totale di sfollati, deve essere attribuito all’accoglienza di una parte di essi nelle abitazioni private, sebbene le loro necessità siano tanto reali quanto difficili da valutare. Durante il primo mese dell’offensiva aerea a tutto campo in Libano iniziata il 23 settembre scorso, il bilancio degli attacchi israeliani nel Paese dei cedri è salito a 3.013 morti e 13.553 feriti secondo quanto riferisce lo stesso ministero della Sanità.
In attesa di un cessate il fuoco ancora ben lontano dal concretizzarsi, il bilancio delle vittime aumenta di 20, 30 o 50 persone al giorno, con l’aviazione israeliana che non esita a far crollare un edificio sui suoi occupanti per eliminare un leader di Hezbollah. Questo è quanto successo di nuovo ieri ad Almate, nella regione di Jbeil, dove 22 civili fuggiti dalla regione di Baalbeck sono stati uccisi dal crollo della palazzina a due piani in cui erano stati accolti dai parenti per solidarietà legata a vincoli di famiglia.
Nel suo ultimo rapporto, datato primo novembre, il ministero libanese della Sanità afferma che 178 persone sono state uccise e 292 ferite solo nei servizi sanitari e di emergenza. E gli operatori del pronto soccorso delle associazioni islamiche sciite sono presi di mira alla stregua dei combattenti. Tre di loro sono stati uccisi nei giorni scorsi quando il loro veicolo è stato preso di mira nella regione di Tiro. Solo le ambulanze della Croce Rossa libanese sono autorizzate a circolare nelle regioni interessate dagli attacchi, a condizione che abbiano coordinato i loro itinerari in anticipo con l’esercito e la forza internazionale Unifil.
Centri sovraffollati
Per il momento, il ministro Abiad sta dedicando tutte le attenzioni ai centri di accoglienza, che sono generalmente sovraffollati e occupati da famiglie. Una delle principali preoccupazioni in questi centri sovraccarichi di persone è il rischio di contagi legati a malattie della pelle come la scabbia e di infezioni batteriche fra le quali il colera e la poliomielite. “Ci siamo organizzati per effettuare test e verifiche a cadenza regolare sull’acqua potabile” spiega l’ex direttore dell’ospedale governativo Rafic Hariri di Beirut. L’opera si concentra al momento su quattro categorie particolari: anziani, donne incinte, persone con disabilità e neonati.
“Il volume degli aiuti ricevuti non è proporzionale alle necessità” prosegue Abiad, il quale stima che sarebbero in realtà necessari quasi 120 milioni di dollari per coprire le spese sanitarie dei prossimi sei mesi. Ciononostante, il ministro si dice al contempo soddisfatto delle disponibilità dei farmaci necessari per curare le malattie croniche. “Ci sono circa 45mila persone - sottolinea - che ne soffrono, una situazione che riflette quella della popolazione generale del Libano, di cui circa il 20% è affetto da malattie croniche”.
Ospedali fuori servizio
“Nove ospedali sono stati costretti a chiudere a causa degli attacchi israeliani dal 23 settembre” ha aggiunto il ministro, il quale ha proseguito aggiungendo che “altri sono fuori servizio perché situati in aree non sicure”. Secondo un rapporto della Cnn “almeno 24 ospedali si trovano nella zona di pericolo di 500 metri, utilizzata dall’esercito israeliano come parametro per le zone di evacuazione dei civili”. Per ridurre la sua vulnerabilità e proteggere il suo team medico e di assistenza, Elie Hachem, direttore dell’Hôpital Sainte Thérèse, un ospedale privato ai margini della periferia meridionale, ha fortificato il suo dipartimento di emergenza con sacchi di sabbia. “Nel caso di ulteriori bombardamenti - spiega - tutti i servizi saranno spostati nella cappella al pianterreno, che è considerata la parte più sicura dell’intero edificio”.
“I medici e il personale infermieristico stanno lavorando oltre le loro normali possibilità” afferma il ministro della Sanità Abiad, il quale prosegue chiedendosi quanto durerà questo stato di grave emergenza. “Non ci sono ancora medici che se ne vanno, ma durerà? Potremo resistere ancora per un po’, ma se andrà avanti più di due o tre mesi, avremo bisogno di qualcos’altro” per sopravvivere e per poter continuare a garantire la tenuta del sistema sanitario.