26/08/2024, 08.52
LIBANO - ISRAELE - VATICANO
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Beirut: parenti delle vittime del 4 agosto dal Papa per giustizia e pace in Libano

di Fady Noun

Una delegazione di familiari dei morti nell’esplosione al porto ricevuta stamane in udienza privata da Francesco. La vicinanza del pontefice nella lotta contro l’impunità e gli ostacoli all’inchiesta. A seguire la messa celebrata dal segretario di Stato card. Parolin. Un incontro che segue una giornata di tensione (e guerra) fra Israele ed Hezbollah. Nasrallah: superate “tutte le linee rosse”.

Beirut (AsiaNews) - In occasione del quarto anniversario (da poco trascorso) della devastante esplosione di 2750 tonnellate di nitrato di ammonio al porto di Beirut, il 4 agosto 2020, una delegazione di parenti delle vittime è stata ricevuta oggi, 26 agosto, in udienza privata da papa Francesco in Vaticano. Un evento traumatico che ha provocato una ferita profonda nella popolazione libanese, con le sue 235 vittime, le migliaia di feriti e la distruzione di interi quartieri della capitale, con i familiari - e attivisti - a chiedere in tutti questi anni, e finora invano, giustizia e verità sull’incidente. “Si tratta prima di tutto di una visita di ringraziamento” confida ad AsiaNews alla vigilia della partenza il dottor Nazih el-Adem, la cui figlia Krystel, è stata uccisa dalla deflagrazione nel fiore dei suoi anni. “Ogni anno, alla data del dramma, in occasione della preghiera dell’Angelus, il pontefice - prosegue - ricorda questo crimine e chiede che la giustizia segua il suo corso; non potevamo che ringraziarlo personalmente”.

Anche oggi il pontefice ha ribadito questa richiesta: "Con voi chiedo verità e giustizia, che non è arrivata: verità e giustizia. Tutti sappiamo che la questione è complicata e spinosa, e che pesano su di essa poteri e interessi contrastanti. Ma la verità e la giustizia devono prevalere su tutto. Con voi - ha poi aggiunto papa Francesco durante l'incontro - sento il dolore di vedere ancora, ogni giorno, morire tanti innocenti, a causa della guerra nella vostra regione, in Palestina, in Israele, e il Libano ne paga il prezzo. Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra sempre è un fallimento, un fallimento della politica, un fallimento dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Con voi imploro dal Cielo la pace che gli uomini faticano a costruire in terra. La supplico per il Medio Oriente e per il Libano". 

Il dottor Adem si è rivolto al papa a nome dell’intera delegazione. Egli ha sottolineato la necessità che l’indagine sull’esplosione non sia più ostacolata dalla classe politica, che ha responsabilità dirette o quantomeno un atteggiamento di negligenza nel disastro. Circa 20 obiezioni formali sono state presentate contro il giudice istruttore Tarek Bitar per impedirgli di svolgere le indagini, che includono l’interrogatorio di ministri, ex ministri e alti funzionari pubblici che sono anche membri o stretti collaboratori del tandem sciita Amal-Hezbollah.

Lotta contro l’impunità

“Stiamo lottando contro l’impunità” afferma l’avvocato Cécile Roukoz, anch’egli membro della delegazione che viene ricevuta questa mattina dal pontefice e il cui fratello Joseph, un padre di famiglia, è stato ucciso dall’esplosione mentre si trovava nel suo ufficio al porto. “Stiamo aprendo il nostro cuore e raccontando la tragedia a papa Francesco e al Vaticano, perché sono la più alta autorità morale al mondo, per chiedere - spiega - che l’impunità non abbia precedenza sulla legge”. 

Per il dottor Nazih el-Adem, non è escluso che, in preda alla disperazione, il comitato dei genitori delle vittime decida di rivolgersi alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite per stabilire la verità e ottenere giustizia. Al termine dell’udienza privata, la delegazione ha partecipato a una messa in suffragio per le vittime dell’esplosione celebrata dal segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, seguita da un incontro personale.

La delegazione era composta da una ventina di persone ed è stata accompagnata da alcune figure ecclesiastiche di primo piano della comunità cristiana libanese. Tra questi anche uno dei suoi più convinti portavoce, William Noun, fratello del pompiere Joe Noun. Insieme a diversi suoi compagni, egli è stato chiamato a combattere l’incendio scoppiato all’interno del capannone dove era conservato il nitrato. In omaggio al loro sacrificio e come testimonianza di solidarietà, una delegazione di vigili del fuoco di Roma ha partecipato alla messa officiata dal porporato. Il nunzio apostolico in Libano, mons. Paolo Borgia.

Secondo fonti di AsiaNews che hanno ottenuto più di un riscontro, la visita e l’udienza hanno una dimensione esclusivamente pastorale e mirano a mostrare alle persone colpite dalla tragedia il sostegno spirituale del papa. Tuttavia, è altrettanto ovvio che l’udienza pontificia darà maggiore visibilità alla causa dei parenti delle vittime, che si battono contro l’impunità e l’omertà diffusa della classe dirigente e di parte della magistratura libanese. Sappiamo che dal 2021 papa Francesco non ha mancato di ricordare al mondo la causa dei parenti delle vittime dell’esplosione. Durante la preghiera dell’Angelus del 4 agosto, il pontefice ha detto con rinnovato vigore: “Anche oggi il popolo libanese soffre tanto! Penso in particolare alle famiglie delle vittime dell'esplosione nel porto di Beirut. Spero che si faccia presto giustizia e verità”.

L’attacco di Israele

L’udienza privata si è svolta in un contesto regionale difficile, per non dire esplosivo, in particolare all’indomani del bombardamento di Tel Aviv da parte di Hezbollah, in risposta all’assassinio, il 30 luglio scorso, di uno dei suoi capi militari, Fouad Chokr. L’alto esponente del movimento libanese filo-iraniano è stato colpito da un missile radiocomandato puntato contro la sua abitazione di Haret Hreik, nella periferia meridionale di Beirut.

Questo attacco è stato considerato da Hezbollah una violazione delle tacite regole di ingaggio concordate con Israele: esse escludono in particolare il bombardamento di aree residenziali civili e confinano lo scambio di fuoco a una profondità di 10-12 km su entrambi i lati della “Linea blu”, che funge da confine tra Libano e Israele.

Lo stato di allerta ieri nel Paese dei cedri dichiarato durante l’attacco preventivo di Israele e la risposta militare di Hezbollah - col lancio di centinaia di razzi - è stato revocato poche ore dopo il durissimo scontro a fuoco fra le due parti. L’impatto dell’operazione di Hezbollah è stata contenuta - e minimizzata - dalle autorità militari israeliane, che hanno risposto giocando d’anticipo con massicci bombardamenti di rappresaglia contro il Libano. Commentando l’operazione, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato di “ulteriore passo” per “cambiare” la situazione sul fronte nord del conflitto. Nel tardo pomeriggio la replica del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, che accusa Israele di aver superato “tutte le linee rosse” ed essere “l’unica responsabile dell’escalation”, promettendo infine una ulteriore risposta. 

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