Naypyidaw annuncia i primi due casi di coronavirus
Finora il Myanmar è stato il Paese più popoloso senza un singolo caso di infezione. Il sistema sanitario birmano è classificato tra i peggiori al mondo: eseguiti tamponi su meno di 300 persone. Funzionario Caritas: “Il governo inizia a disporre chiusure e quarantene, soprattutto nello Stato di Chin”.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il Myanmar annuncia i primi due casi di contagio da coronavirus, dopo settimane di crescente scetticismo verso proclami secondo cui la nazione non era toccata dalla malattia. Nonostante 2.100km di confini porosi con la Cina, dov’è scoppiato il virus, finora il Paese di 54 milioni di abitanti era lo Stato con consistente popolazione a non denunciare un singolo caso di infezione. Prima di ieri, le autorità sanitare avevano sottoposto ad esami clinici meno di 300 persone. In serata, il ministero della Salute del Myanmar ha confermato che due uomini birmani di 36 anni e 26 anni, che tornavano nel Paese da Stati Uniti e Regno Unito, sono entrambi risultati positivi.
La scorsa settimana, il governo ha chiuso i confini terrestri e bandito i raduni di massa, compresi quelli per l'imminente capodanno buddista. I cinema sono stati chiusi, sebbene bar e ristoranti rimangano aperti. All'inizio di questo mese, il portavoce del governo Zaw Htay ha dichiarato in una conferenza stampa che lo “stile di vita e la dieta dei cittadini del Myanmar” avevano protetto il paese dal virus; altri attribuivano il merito alla devozione del Paese al buddismo.
Alcuni medici affermano di temere un grave scoppio della malattia: il sistema sanitario birmano è classificato tra i peggiori del mondo, dopo decenni di abbandono sotto il dominio militare. Molti servizi sono gestiti da volontari e gruppi di aiuto. Nei giorni scorsi, migliaia di lavoratori migranti sono tornati nei villaggi di tutto il Paese dalla vicina Thailandia, che ha confermato centinaia di casi da Covid-19. Secondo esperti, questo giustifica i timori per un'ulteriore diffusione del virus.
Il sig. Augustin, a capo del Programma sanitario di Caritas Myanmar, braccio umanitario della Chiesa birmana – conosciuto in patria con il nome di Karuna Mission Social Solidarity (Kmss) – dichiara ad AsiaNews: “Al momento, noi volontari della Caritas non siamo direttamente coinvolti nella risposta delle autorità all’emergenza sanitaria. Il governo inizia a disporre chiusure e quarantene, soprattutto nello Stato di Chin [Myanmar occidentale, ndr]. I provvedimenti restrittivi riguardano edifici aperti al pubblico ma anche intere municipalità. I media locali stanno dando molto risalto alla questione, alimentando il parte le paure dei cittadini. Ieri sera, la popolazione si è riversata nei centri commerciali di tutto il Paese. Ora la situazione sembra essere più calma”.
Da settimane, Caritas ha intensificando iniziative e misure per prevenire la diffusione del virus nei campi per sfollati interni (IDPs) in aree interessate dal conflitto etnico. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), 97.455 persone vivono ancora in 139 accampamenti di fortuna costruiti nello Stato Kachin [lungo il confine nord-orientale con la Cina, ndr]. Nel Kachin e nello Shan la Chiesa può contare su una forte presenza, dovuta all’alta percentuale di cristiani (cattolici e battisti). Caritas Myanmar ha educato la popolazione a mettere in pratica alcune precauzioni igienico-sanitarie e resta in stretto contatto con le organizzazioni Onu di stanza a Yangon [nel sud del Paese, ndr].
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