Chiesa contro Manila: usa il Papa per coprire i ritardi nella ricostruzione post-Yolanda
Manila (AsiaNews/Cbcp) - Non vi è alcun bisogno di trascinare il nome e il carisma di Papa Francesco nelle questioni di bassa lega connesse alla ricollocazione degli sfollati del tifone Yolanda che, a distanza di un anno, vivono tuttora nei dormitori sparsi nella provincia di Leyte. È quanto affermano fonti ufficiali della Chiesa cattolica filippina, che lanciano un monito al governo di Manila affinché non usi come pretesto la visita del Pontefice per coprire inefficienze e una gestione inadeguata del post emergenza.
Padre Amadeo Alvero, portavoce dell'arcidiocesi di Palo, accusa l'esecutivo di far credere che la visita papale porterà molte famiglie a perdere il proprio alloggio. "Non trascinate il Papa nella controversia" avverte il sacerdote, perché "non ha nulla a che vedere con tutto questo. In primo luogo, il Papa viene qui per visitare le vittime del tifone". Egli aggiunge che il governo ha un proprio piano di azione per la visita del Pontefice di gennaio, e la ricollocazione dei sopravvissuti non è certo "un'idea o un'iniziativa della Chiesa".
Almeno 250 famiglie hanno ricevuto l'ordine di sfratto dai dormitori di un centro governativo, situato nel villaggio di Candahug, nelle vicinanze di Palo, in preparazione alla visita di Bergoglio. Virgie Selario, 48 anni, uno delle migliaia di persone interessate dal provvedimento, dice: "Anche noi vogliamo vedere il Papa! Speriamo che il governo non ci cacci via, togliendoci questa rara opportunità di poterlo almeno vedere da vicino".
Abbattutosi sulle isole Visayas l'8 novembre 2013, Haiyan/Yolanda ha colpito con diversa gravità almeno 11 milioni di persone, sparsi in 574 fra municipalità e città diverse; per un ritorno alla normalità saranno necessari otto miliardi di dollari. Ancora oggi risultano oltre 1.700 dispersi; il numero delle vittime sarebbe superiore a 5mila, anche se il presidente Aquino ha voluto ridimensionare le cifre, sottolineando che le prime stime [superiori a 10mila] erano frutto della reazione emotiva alla tragedia e che il numero dei morti non supera i 2.500.
Del resto l'estensione del territorio, la sua frammentazione e la difficoltà nell'accedere in alcune aree hanno rappresentato un serio ostacolo agli interventi. Nelle scorse settimane la Chiesa filippina ha consegnato le prime 1600 case "permanenti" a una parte degli sfollati, parte di un progetto più ampio che intende realizzare almeno 3mila complessi abitativi entro la fine dell'anno; i complessi abitativi sono sparsi fra le nove province ecclesiastiche colpite dal tifone.
Di contro, il governo ha completato solo 364 unità abitative a Tacloban e Tanauan (Leyte), ma il numero degli sfollati che vivono ancora oggi in centri di accoglienza temporanei o dormitori - sparsi nelle province di Samar, Leyte e Eastern Samar - supera i 20mila.