“Questi ragazzi sono un dono”: i bambini di Chernobyl accolti in Italia
Il “Comitato Girotondo” propone tutti gli anni a diverse famiglie di dedicare il proprio tempo e le proprie risorse per ospitare bambini provenienti dalla Bielorussia, perché possano crescere sani smaltendo le radiazioni. AsiaNews ha raccolto le testimonianza di alcune delle madri che hanno scelto di fare questo esperienza: “Riceviamo da loro più di quanto doniamo”.
Roma (AsiaNews) – Sono migliaia i “bambini di Chernobyl” che ogni anno vengono in Italia per soggiorni terapeutici per le conseguenze del disastro nucleare che il 26 aprile del 1986 ha colpito la città al confine tra Ucraina e Bielorussia. Vengono ospitati da famiglie generose che aprono le proprie porte per donare a questi piccoli la possibilità di smaltire le radiazioni assorbite. Il “Comitato Girotondo”, associazione di volontariato con sede in Gassino Torinese (TO), propone tutti gli anni a diverse famiglie di dedicare il proprio tempo e le proprie risorse per permettere a bambini provenienti dalla Bielorussia di crescere sani. “Riceviamo da loro più di quanto doniamo”, raccontano le madri che hanno scelto di fare questo esperienza. AsiaNews ha raccolto le testimonianza di alcune di loro.
“È sempre più difficile trovare famiglie disponibili”
“Io e mio marito non abbiamo figli – racconta Daniela – e così abbiamo iniziato questo percorso nel 2003, per dare un aiuto a qualche bambino che ne avesse bisogno. Da allora abbiamo ospitato cinque maschi e una femmina. Alcuni di essi avevano problemi alla tiroide o ai reni. Il Comitato permette di ospitare per due anni di seguito lo stesso ragazzo. Il periodo è di due mesi (marzo e aprile) durante il periodo scolastico. Ci sono però delle eccezioni per casi particolari”. Quest’anno, i bambini ospitati torneranno in Bielorussia il primo maggio.
“Se qualche bambino vuole tornare nella stessa famiglia per più anni di seguito – spiega la donna – può farlo ma nel periodo estivo. Questo evita che vangano sempre gli stessi bambini, anche perché ora è sempre più difficile trovare famiglie disponibili all’ospitalità. Alcuni hanno paura di stare male per le radiazioni. In realtà noi siamo informati e i bambini non danno alcun problema dal punto di vista sanitario. Per loro invece i benefici sono grandi: stando due mesi perdono il 40% delle radiazioni”. Quest’anno sono 25 i minori tra i 7 e i 9 anni presi in carico dal Comitato e affidati a 25 famiglie differenti.
“Per i bambini – racconta Daniela – è già una grande cosa mangiare cibi che non siano radioattivi. In Bielorussia bevono molto latte e si cibano di frutti di bosco e funghi, tutte cose che crescendo nel sottobosco sono ricchissime di radiazioni”.
Il Comitato Girotondo organizza anche dei campi estivi in Bielorussia, in cui famiglie e volontari fanno giocare i piccoli, che altrimenti sarebbero abbandonati: “Nel migliore dei casi i genitori lavorano tutto il giorno, oppure sono alcolizzati. I ragazzi sono lasciati in strada”.
Per Daniela la scelta dell’accoglienza si è rivelata un guadagno: “Essendo casalinga, il mio tempo lo dedico completamente ai bambini quando sono qua. Posso dire che da questa esperienza abbiamo ricevuto tantissimo. È una cosa che costa una certa fatica, però ne vengo ripagata con delle grandi soddisfazioni. Questi bambini ti danno tanto e quando se ne vanno portano via un pezzo di te”.
“Non diamo solo cibo e salute”
Caterina è la seconda volta che ospita un bambino di 9 anni: “A loro noi diamo strumenti che sembrano banali ma che sono fondamentali (cibo, vestiti, visite ai denti, agli occhi). E anche noi riceviamo molto: in cambio di uno sforzo piccolo, mi sono accorta che oltre alla gratitudine e all’affetto abbiamo avuto anche tanta conoscenza di una cultura diversa – piccoli dettagli e abitudini diverse, modi di comunicare – che possiamo scoprire da casa nostra”.
Il bambino che ospita Caterina “è fortunato perché viene da una famiglia semplice ma presente, che contattiamo su Skype regolarmente e con la quale ci confrontiamo. In Bielorussia c’è un tasso di alcolismo altissimo, cresciuto proprio negli anni successivi alla tragedia. Tanti bambini arrivano da situazioni difficili proprio per questo problema”.
Dopo due mesi passati in Italia, dice, “ai bambini rimane un bagaglio utile per il futuro”. Di questo Caterina ha avuto conferma pochi giorni fa: “Sono andata a teatro a vedere uno spettacolo che prendeva spunto da Preghiera per Cernobyl del premio Nobel Svetlana Alexievich. Una giovane attrice, molto brava, commuovendosi ha raccontato di essere stata due anni di seguito in Italia: ‘Senza questa esperienza – ha detto – io non sarei la persona che sono oggi’”.
“È più quello che lasciano loro a noi di quello che noi riusciamo a dare loro”
C’è chi accoglie bambini bielorussi da più di un decennio. È il caso di Mara, che insieme al marito apre la sua porta dal 2001. “Siamo alla 23ma accoglienza – spiega –. Da 15 anni i nostri rapporti con i bambini che abbiamo accolto non si sono mai interrotti. Io e mio marito ci diciamo nonni, anche se non abbiamo figli, perché i primi ragazzi ora sono diventati genitori”.
Spesso Mara ha incontrato situazioni difficili e i segni delle radiazioni sul corpo dei bambini: “Abbiamo visti bambini handicappati, una piccola con una gamba più corta dell’altra, altri affetti di nanismo”. Molti di essi provengono dalle parti rurali della Bielorussia, dove non è ancora arrivato alcuno sviluppo: “Abitano in villaggi senza acqua corrente e con poca energia elettrica. Ci sono case di legno, a volte senza sedie, con orticelli con cui si mantengono a fatica”.
Igor, figlio di una ragazza madre di 16 anni, è stato accolto da Mara per sei volte: “In Bielorussia viveva di stenti. È arrivato che sembrava un ‘tarzan’ cresciuto alla bell’è meglio, aggressivo e agitato, abituato a difendersi in maniera violenta. Stando qui è cambiato in modo radicale, è uno dei bambini che ha recepito meglio il messaggio giusto: che le cose si ottengono aiutando gli altri. Dalla voglia di aiutare gli altri è arrivata anche una grande gratificazione personale. Quando i bambini partono – conclude la donna – la bilancia pende sempre dalla nostra parte: è più quello che lasciano loro a noi di quello che noi riusciamo a dare loro”.
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