“Inno alla gioia”: un filmato su come resistere alla tragedia quotidiana della guerra
Sandra Awad, responsabile comunicazione Caritas Siria, racchiude in un cortometraggio il dramma quotidiano della guerra. Ogni giorno “dobbiamo lottare” per acqua, energia elettrica, riscaldamento. La sinfonia, come i muri interiori, un modo per sopravvivere a violenze e devastazioni. La gioia “più grande” nell’aiutare gli altri. Occidente, aiutaci a ritrovare “la nostra dignità”.
Damasco (AsiaNews) - “Dopo sei anni di guerra, siamo arrivati al punto in cui ogni giorno dobbiamo lottare per usufruire delle più elementari risorse” come l’acqua, l’energia elettrica, il riscaldamento. Da qui l’idea di ricostruire all’interno di un cortometraggio “la vita quotidiana” di un cittadino siriano, un progetto “nato tre anni fa” e che oggi ha preso forma. È quanto racconta ad AsiaNews Sandra Awad, responsabile della Comunicazione di Caritas Siria, 38 anni sposata e madre di due figli, autrice di “Inno alla gioia”. Un filmato di cinque minuti circa, prosegue l’attivista cristiana, in cui sono “concentrate le difficoltà, i problemi, le insicurezze” che la popolazione civile “sperimenta ogni giorno in Siria” e che “vi chiedo di condividere” come gesto di solidarietà.
L’idea del film è emersa per la prima volta tre anni fa, durante una seduta con la psicoterapeuta, nel contesto di un percorso intrapreso per affrontare le difficoltà, anche psicologiche, derivanti dal conflitto. “Mi ha chiesto quali fossero gli effetti della guerra” racconta Sandra Awad, non solo sul piano concreto come lutti, distruzione di case, privazioni. “Ero riuscita a creare una sorta di muro - aggiunge - che mi separasse dalle violenze, per proteggermi dalla depressione e dalla tristezza”.
In realtà, la psicanalista voleva conoscere “le pressioni quotidiane” cui le persone in guerra devono far fronte ogni giorno, come la mancanza di acqua, di elettricità, l’emigrazione di parenti e amici, i problemi economici: “Quando ha concluso il discorso - prosegue - ho sentito qualcosa dentro di me che si era spezzato. Forse era proprio il muro che avevo costruito. E ho iniziato a piangere…”.
Da questo confronto è nata l’idea di raccontare in un cortometraggio queste difficoltà quotidiane, che quanti vivono “in Occidente”, in pace, “non possono comprendere a fondo”. “Leggete le statistiche sulla povertà - racconta la responsabile comunicazione Caritas - magari vi arrivano le notizie dei morti e degli spargimenti di sangue, ma non è possibile comprendere lo stress di chi vive ogni giorno sulla propria pelle il conflitto. L’impossibilità di avere ogni giorno anche piccole cose, come l’acqua, il gas, il pane, l’olio per cucinare. Si può restare in fila anche 10 ore per far benzina alla propria macchina, o viaggiare per ore per raggiungere il posto di lavoro per i checkpoint”.
I giovani hanno “smesso di pensare al futuro” e questa situazione “sta finendo per ucciderci ogni giorno di più” afferma l’attivista cristiana. Da qui il progetto, che ha preso forma per la prima volta tre anni fa, quando ho deciso di realizzare “un cortometraggio”; tuttavia, nel 2013 l’amministrazione “ha fermato il progetto” pensando fosse “una esagerazione: ricordo le parole del mio capo, che diceva ‘Non è realistico!’”. Al tempo, aggiunge, “forse era così”, ma oggi la situazione è ben più grave: “Dopo sei anni di guerra, abbiamo raggiunto il punto di dover combattere ogni giorno per usufruire delle più elementari risorse”. Da qui, il cambio di rotta dei vertici Caritas e l’idea di sostenere il progetto.
“Il film - spiega Sandra Awad - mostra la vita di un operatore Caritas, che si sveglia al suono di una bomba. E che inizia la giornata fra difficoltà quotidiane, senza elettricità, acqua, gas… Nonostante gli eventi siano tristi, il giovane si muove sempre fischiettando le note dell’Inno alla gioia. Forse questa sinfonia è simile al muro che avevo costruito dentro di me per proteggermi. Ed è il suo modo usato per restare calmo e ottimista” anche quando una granata sta per investirlo e ucciderlo. Egli, nonostante tutto, si rialza e prosegue. “Volevo dare anche l’idea - aggiunge la responsabile comunicazione Caritas - che la gioia più grande nella vita è proprio quella di aiutare gli altri. Ed è quello che facciamo ogni giorno alla Caritas, anche se il nostro lavoro non è affatto semplice”.
Il dramma della guerra ha toccato da vicino anche i dipendenti di Caritas Siria, come la centralinista del distretto di Kashkoul che ha perso il marito colpito da un proiettile all’inizio del conflitto. “Oggi - sottolinea Sandra Awad - si prende cura, da sola, dei tre figli e il peso della vita si fa ogni giorno più difficile da sostenere”. Al tempo stesso, gli operatori Caritas devono “mettere da parte” i loro problemi, le sofferenze e “ascoltare le persone, le loro tragedie quotidiane, con comprensione e compassione”. Se chiedi loro dive trovano la forza, aggiunge, la maggior parte risponde “dalla gioia che vediamo negli occhi delle persone che aiutiamo. Questo, nel concreto, è il vero ‘Inno alla gioia’ di Caritas Siria”.
“Dopo sei anni di guerra la popolazione è esausta - conclude l’attivista cristiana - e il Paese è ripiombato all’età della pietra. Voi, in Occidente, aiutateci a ritrovare la nostra gioia e la nostra dignità sostenendoci, a livello finanziario o morale. E fate pressione sui vostri governi, perché mettano fine a sanzioni che rendono i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancor più poveri. Chiedete ai vostri leader di smettere di vendere armi e consentire l’ingresso dei jihadisti in Siria. Aiutateci a ricostruire il nostro Paese, perché possiamo far risuonare ancora il nostro ‘Inno alla gioia’”.(DS)