‘Decine’ di migranti afghani uccisi mentre Teheran e Kabul trattano sui rimpatri
Ministro talebano e ambasciatore iraniano si incontrano per discutere del ritorno degli afghani nel Paese di origine, previsto l’invio di una “delegazione” nella capitale iraniana. Ong denuncia l’uccisione nei giorni scorsi di migranti (260 fra morti e feriti secondo alcune fonti) da parte delle guardie di frontiera della Repubblica islamica.
Teheran (AsiaNews) - I talebani afghani e alti esponenti del governo di Teheran annunciano un accordo per il rimpatrio dei migranti dalla Repubblica islamica nel Paese di origine, ma al confine fra i due Stati si continua a morire per mano delle guardie di frontiera iraniane. Secondo quanto riferisce l’ong Halvash News Agency, infatti, nei giorni scorsi “decine” di persone sarebbero state uccise nella regione di Kalgan Saravan, nella provincia del Sistan e Baluchestan. Alcuni testimoni oculari parlano di “attacco deliberato”, che ha sollevato condanne indignate di ex funzionari di Kabul fra i quali l’ex procuratore generale Mohammad Farid Hamidi che parla di “crimine contro l’umanità” e invoca l’intervento delle Nazioni Unite e ong internazionali pro diritti.
Da tempo l’Iran spinge per il ritorno più o meno volontario dei migranti, escludendo anche i più piccoli dalla possibilità di frequentare le scuole del Paese. Nel recente passato si era registrato anche il fenomeno crescente di rapimenti a scopo di estorsione per mano di bande che operano impunite lungo il confine turco-iraniano, contro i quali Ankara aveva deciso la costruzione di un muro per frenare “immigrazione e contrabbando”.
La questione è stata oggetto dell’incontro fra il ministro afghano dei Rifugiati e del rimpatrio Khalil Rahman Haqqani e l’ambasciatore iraniano e rappresentante speciale per l’Afghanistan, Hassan Kazemi Qomi. Il governo talebano si dice infatti “favorevole” al ritorno degli espatriati e ha concordato con Teheran “l’invio di una delegazione da Kabul in Iran per affrontare le sfide dei migranti afghani”. In una nota affidata a X (ex Twitter) lo stesso Haqqani ha poi aggiunto che “il governo afghano intende rimpatriare” quanti si trovano nella Repubblica islamica, ma “questo processo richiede un piano congiunto e coordinato”. Durante l’incontro Kazemi Qomi ha respinto notizie rilanciate dai media e relative a maltrattamenti di migranti afghani in Iran, sottolineando che “Teheran è impegnata a rispettare tutti i diritti dei migranti”.
Parole che contrastano con quanto emerge dalle cronache che giungono proprio in questi giorni dalle aree di confine fra i due Paesi. A denunciare l’ultima vicenda di deliberate violenze contro i migranti è l’ong Halvash, che rilancia i racconti di due testimoni sopravvissuti al massacro e hanno visto i loro compagni morire sotto i colpi esplosi dai fucili delle guardie di frontiera iraniane. Sono “decine” le vittime fra quanti tentavano di superare il confine ed entrare in Iran attraverso il Pakistan. Alcuni parlano di “oltre 260” fra morti e feriti di un gruppo di circa 300 persone: una fonte afferma che “solo 60 sono sopravvissuti, mentre il resto è stato ucciso o gravemente ferito”.
La piaga dei rifugiati afghani in Iran è una ferita aperta da tempo: i migranti affrontano non solo violenza fisica, ma anche violazioni sistemiche dei loro diritti umani e fondamentali. Le azioni del governo iraniano, tra cui la deportazione forzata e il trattamento brutale, hanno sollevato serie preoccupazioni da parte delle organizzazioni internazionali, finora invano. Ad acuire i fattori di criticità vi sono la mancanza di protezione legale e la costante minaccia di abusi, che lasciano molti vulnerabili alla tortura, alle molestie e persino alla morte.
Questa crisi in corso evidenzia l’urgente necessità attenzione e intervento globali, per salvaguardare i loro diritti e per punire i responsabili, come sottolinea in queste ore l’ex procuratore generale afghano Mohammad Farid Hamidi, fra le voci più critiche. In una nota rilanciata oggi su X Hamidi ha scritto: “L’attacco deliberato e l’uccisione di migranti e rifugiati indifesi e vulnerabili costituiscono un crimine contro l’umanità, grave e disumano”. L’ex funzionario ha quindi aggiunto che questi rifugiati hanno intrapreso un viaggio pericoloso alla ricerca di “un rifugio sicuro, fuggendo da pericoli che minacciano la vita” e, secondo il diritto internazionale, l’etica umana e gli insegnamenti islamici, meritano “protezione e sostegno”. Nella sua invettiva non ha risparmiato nemmeno i talebani oggi al potere, affermando che non sarebbero in grado di “difendere i diritti dei propri cittadini all’estero” e non mostrano “alcun senso di responsabilità in tali questioni”. Infine, invocando l’intervento dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani (Unhcr) e della Corte penale internazionale (Cpi), egli auspica “provvedimenti seri” affinché vengano “consegnati alla giustizia gli autori di questo crimine”.
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