26/04/2010, 00.00
INDIA
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“Il martirio di suor Rani Maria è una benedizione e un dono”

di Nirmala Carvalho
La sorella di suor Rani Maria racconta lo sgomento per il brutale omicidio, il conforto per la scoperta del disegno di Dio, la gioia del perdono e della conversione dell’assassino. Vissuti insieme alla famiglia. Intervista a suor Selmy Paul, sorella di suor Rani.

New Delhi (AsiaNews) – “Suor Maria Rani è stata chiamata da Dio ad essere un martire. E’ un dono”. Lo dice, in questa intervista ad AsiaNews, suor Selmy Paul, sorella di suor Rani Maria, che parla del suo cammino di fede e del completo perdono verso l’assassino della sorella.

Suor Rani Maria fu uccisa dietro commissione il 25 febbraio 1995, da un contadino che nemmeno la conosceva. Egli salì nell’autobus dove la suora era seduta e l’ha accoltellata, colpendola più volte fino alla morte.

Suor Selmy Paul, ora 45enne, è più giovane di 10 anni della sorella. Erano 7 fratelli, 5 ragazze e due maschi, suor Rani era la seconda e lei la sesta. Entrambe si sono unite alla Congregazione francescana delle Clarisse. Suor Rani prese i voti nel 1974, suor Selmy nel 1984.

Suor Selmy ricorda che “quando mi trovai davanti alla sua bara, al suo corpo inanime, fui assalita dal dolore e dalla tristezza. Stavo facendo la chemioterapia per combattere il cancro e la perdita della mia amata sorella mi fece disperare e mi sentii in conflitto con Dio. Vicino alla bara era stato messo un Cristo crocefisso e iniziai a chiedere a Dio come aveva potuto permettere che mia sorella fosse uccisa in modo così brutale. Non riuscivo a capire come avesse permesso che mia sorella, dedita solo a servire i poveri, fosse stata abbandonata da tutti e uccisa, solo per avere agito in Suo nome. Dopo un poco che stavo seduta là davanti, in silenzio, ho iniziato a meditare sulla Passione di Cristo e a pregare il Crocifisso. Ho udito una voce dire, con chiarezza: ‘Lei non era sola, mia madre e Io eravamo con lei’.

“Mi ha invaso una grande pace. Ira e ribellione sono svanite, mi sentivo piena di calma e di coraggio e guardando di nuovo mia sorella – che ora mi appariva composta in pace - ho pregato lei di darmi la grazia di perdonare l’assassino. Il funerale andò da Indore a Udayanagar, 105 chilometri, e per tutta la strada pregai Dio di consolare i nostri genitori e di darci la grazia del perdono”.

“Nel settembre 1991 mi era stato diagnosticato un cancro al colon, fui operata e poi feci la chemioterapia. In quegli anni suor Rani Maria mi ha visitato e confortato, mi ha raccontato della sua opera nei villaggi e mi ha portato a seguirla”.

“Sono entrata nella Casa provinciale a Bhopal. Suor Rani Maria era a Udayanagar e da lì veniva spesso a trovarmi. Nel dicembre 1994, lei mi ha detto che c’erano stati problemi nel villaggio, che la situazione era tesa e che era davvero preoccupata per i poveri tribali, costretti a vivere in un clima di  intimidazione e precarietà. Ma ha aggiunto: ‘Non ho paura di morire per i poveri’. Mi chiese di pregare e di offrire le mie sofferenze per la missione della Chiesa tra i tribali e i poveri”.

Nel 2002 la Congregazione provinciale e il vescovo di Indore permettono a suor Selmy di visitare in prigione l’assassino. Le precedenti richieste erano state respinte per ragioni del tipo “giustizia per suor Rani Maria”. Ottenuta anche l’autorizzazione dalle autorità carcerarie, la suora incontrò Samandar Singh, il 21 agosto 2002 nella prigione di Indore.

“L’assassino, vedendomi, si mise a piangere, mi si è prostrato ai piedi, piangendo e chiedendo perdono. Fu un momento di grazia, fui come rapita dalla grazia divina, come se non ci fosse nient’altro, non pensavo nemmeno al corpo morto di mia sorella. Mi sentii a mia volta commossa e, per dono di Dio, ho sentito di perdonarlo dal profondo del cuore e di accettarlo come un fratello. Quel momento è scolpito nella mia memoria, la pienezza di fede e di tenerezza di Dio e la gioia del perdono”.

“L’anno successivo, nel giorno dell’anniversario della morte, mia madre ha visitato Samandar Singh in prigione e anche lei lo ha perdonato e gli ha baciato le mani dicendo: ‘queste mani hanno versato il sangue di mia figlia e l’hanno mandata in cielo’. E lo ha trattato come un figlio. L’anniversario successivo, anche i miei fratelli e sorelle lo hanno visitato e accolto come un fratello. Il perdono è una Grazia”.

“Nel 2007 Samandar Singh è venuto alla nostra casa familiare, nel Kerala, e anche mio padre lo ha accolto come un figlio. Mio padre è morto sereno poco dopo, il 30 luglio 2007”.

“Dopo la morte di sour Rani Maria, ci sono stati tanti segni della sua benedizione. Io ora sono libera dal cancro. E le benedizioni sono evidenti nel villaggio dove lei lavorava ed è morta, come pure nelle case della nostra congregazione”.

“Suor Rani Mari è stata chiamata da Dio come martire. Noi, la sua famiglia, non ci inorgogliamo per questo. E’ una benedizione e un dono”.

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