10/02/2021, 12.16
TURCHIA-CINA
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‘Ankara deporta in Cina i dissidenti uiguri’

Erdogan li avrebbe svenduti per avere milioni di dosi del vaccino cinese contro il Covid. Proteste davanti all’ambasciata cinese. Problemi per la ratifica del trattato di estradizione con Pechino. Opposizione turca all’attacco del “sultano”.

Ankara (AsiaNews) – “Abbiamo notizie di uiguri deportati dalla Turchia in Cina attraverso Paesi terzi”. È quanto denuncia ad AsiaNews Abdürreşit Celil Karluk, sociologo uiguro dell’università Haci Bayram Veli di Ankara. Da giorni l’intellettuale dissidente e decine di membri della sua comunità protestano davanti all’ambasciata cinese contro “il genocidio compiuto dal governo cinese nei confronti dei musulmani dello Xinjiang”.

“Siamo di fronte all’ambasciata per chiedere dove sono in nostri familiari, di cui non abbiamo notizie da anni”, dice Karluk, “ma abbiamo problemi con la polizia”. Le Forze dell’ordine hanno eretto barricate all’ingresso dell’edificio, ordinando ai manifestanti d’interrompere la protesta. I dimostranti, alcuni dei quali sono sopravvissuti ai campi di concentramento dello Xinjiang, denunciano le violenze subite per mano delle autorità cinesi.

Gli uiguri che vivono in Turchia temono che l’amministrazione Erdogan sia pronta a deportarli in Cina in cambio di massicce forniture del vaccino anti-coronavirus cinese. Citati nei giorni scorsi dall’Associated Press, esponenti dell’opposizione turca hanno evidenziato che Pechino ha consegnato ad Ankara solo un terzo delle 30 milioni di dosi promesse. I turchi devono ancora ratificare un accordo di estradizione firmato anni fa con la Cina (le autorità cinesi lo hanno fatto in dicembre).

Avvocati turchi hanno rivelato che negli ultimi mesi la polizia ha arrestato e trasferito in “centri di deportazione” una cinquantina di uiguri con l’accusa di terrorismo. È lo stesso motivo – insieme alla lotta contro il separatismo – con cui Pechino giustifica la repressione degli uiguri nello Xinjiang. Quelli che risiedono in Turchia sono circa 50mila: una manciata di loro si è unita all’Isis in Siria.

Da più parti la Cina è accusata di aver organizzato un sistema di campi di concentramento per tenere sotto controllo la popolazione uigura e kazaka. Secondo dati degli esperti, confermati dalle Nazioni Unite, oltre un milione di uiguri e altre minoranze turcofone di fede islamica sono detenuti in modo arbitrario nello Xinjiang, che la locale popolazione chiama “Turkestan orientale”.

Recenti rivelazioni di stampa hanno messo in luce anche l’esistenza di campi di lavoro nella regione autonoma cinese, dove centinaia di migliaia di musulmani sarebbero impiegati con la forza, soprattutto nella raccolta del cotone. Secondo il ricercatore tedesco Adrian Zenz, il governo cinese sta conducendo anche una campagna di sterilizzazioni forzate per controllare la crescita della popolazione di origine uigura.

I cinesi negano ogni accusa, sostenendo che quelli nello Xinjiang sono centri di avviamento professionale e progetti per la riduzione della povertà. Le autorità turche e quelle di Pechino smentiscono poi che l’accordo di estradizione sarà usato per deportare in Cina dissidenti uiguri.

“Data l’attuale situazione politica – sostiene Karluk – per il governo non sarà facile ottenere dal Parlamento la ratifica dell’accordo di estradizione con la Cina”. La base religiosa e nazionalista di  Recep Tayyip Erdogan è sensibile alla causa degli uiguri, un fattore che l’opposizione sta sfruttando per indebolire il presidente.

Una decina di anni fa Erdogan ha accusato Pechino di compiere un genocidio contro gli uiguri; dopo il fallito golpe del 2016 e il raffreddamento dei rapporti con Usa ed Europa le cose sono cambiate. Egli ha cercato una sponda politica ed economica in Pechino, abbandonando l’approccio critico al gigante cinese.

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