06/05/2013, 00.00
MYANMAR
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Violenze islamo-buddiste in territorio Kachin, arcivescovo di Yangon invoca “pace e amore”

di Francis Khoo Thwe
Le autorità birmane hanno arrestato due buddisti, sospettati di un raid contro attività commerciali di musulmani nello Stato a nord del Myanmar. Terrore e sfiducia nella minoranza islamica. Mons. Bo rilancia le parole di Papa Francesco per una “comunità di amore” in grado di “mettere fine a decenni di oppressioni e conflitti”.

Yangon (AsiaNews) - Le autorità birmane hanno arrestato due buddisti, responsabili di aver danneggiato le attività commerciali di alcuni musulmani residenti nello Stato Kachin, nel nord del Myanmar. Non si fermano le violenze islamo-buddiste nella ex Birmania, che si allargano a macchia d'olio e hanno coinvolto - per la prima volta - anche la regione a nord del Paese, abitata in larga maggioranza da cristiani cattolici e protestanti. Intanto sull'odio confessionale e religioso è intervenuto anche l'arcivescovo di Yangon mons. Charles Bo, il quale ha lanciato un appello "alla pace e all'amore"; il prelato ha ricordato il recente monito di Papa Francesco, nel quale invita i fedeli a diventare una "comunità di amore", e lo estende a tutta la popolazione birmana.

Un funzionario di polizia nello Stato Kachin riferisce l'arresto di due persone, di religione buddista, sospettate di coinvolgimento nell'attacco contro negozi di proprietà di musulmani. Secondo i testimoni il raid è avvenuto due giorni fa in un villaggio della cittadina di Hpakant; la minoranza islamica è in preda al terrore e alla sfiducia. Nel Paese permane una sensazione di impotenza di fronte agli scontri, anche se la maggioranza della popolazione è contraria e chiede soluzioni di pace.

E di terribile "ondata di devastazione e violenza" parla anche l'arcivescovo di Yangon, che ha lanciato nei giorni scorsi un appello a tutta la cittadinanza, senza distinzioni di etnia o credo religioso, in particolare ai "fratelli e sorelle buddisti e musulmani". Mons. Bo non nasconde "profonda preoccupazione" per i fatti di sangue a Oakkan, Meikhtila e nello Stato di Rakhine e invita "la maggioranza silenziosa" e pacifica a far sentire la propria voce "dicendo no a odio e violenze". Egli ricorda anche che la nazione ha "l'opportunità di mettere fine a decenni di oppressioni e conflitti", ma per centrare l'obiettivo deve far prevalere "pace e amore", promuovendo al contempo "armonia e dialogo interreligioso".

Le violenze islamo-buddiste sono divampate il 20 marzo scorso a Meikhtila, in seguito a un banale alterco fra un musulmano veditore di oro e un cliente di fede buddista. La lite è sfociata in veri e propri scontri di piazza, durante i quali - secondo fonti della polizia - sono morte almeno 43 persone. Ingenti anche i danni materiali, con 37 edifici religiosi (in maggioranza moschee) e 1.227 case andate distrutte. Le violenze si sono poi estese al centro del Myanmar e ora interessano anche lo Stato settentrionale Kachin.

A questo si unisce il dramma della minoranza musulmana Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine, vittima di una vera e propria persecuzione da parte delle autorità birmane. Nei giorni scorsi il governo ha proposto la "limitazione" delle nascite per contenere "l'espansione" islamica.

 

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