11/03/2014, 00.00
VIETNAM
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Vietnam, Filippine e Malaysia: un fronte comune contro “l’imperialismo” di Pechino

di Paul N. Hung
I ripetuti attacchi di imbarcazioni (paramilitari) cinesi a pescherecci e navi commerciali preoccupano i governi del Sud-est asiatico. Hanoi solidale con Manila nella richiesta di arbitrato internazionale per marcare i confini. Nella partita si inserisce anche la Malaysia, preoccupata delle intrusioni alle James Island.

Hanoi (AsiaNews) - Si rafforza l'asse fra Kuala Lumpur, Hanoi e Manila per contrastare l'egemonia di Pechino nel mar Cinese meridionale, mentre nelle acque contese continuano le violazioni della Marina cinese nei confronti di navi commerciali o pescherecci vietnamiti, filippini e malaysiani. A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. Intanto prosegue la vertenza internazionale avviata dalle Filippine contro la Cina: il tribunale ha accolto il ricorso e il 3 marzo ha chiesto a Manila di raccogliere e presentare le prove in aula in vista dell'udienza. 

Da tempo Vietnam e Filippine manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari (meridionale e orientale); il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'80% dei territori). Negli ultimi mesi la Cina ha promosso iniziative di natura politica, economica e diplomatica per impedire il regolare svolgimento della pesca o della navigazione alle imbarcazioni straniere nelle acque contese.

Una prova di forza inaccettabile per molti governi dell'area, che hanno dato vita a un fronte comune per contrastare le pretese della superpotenza asiatica. Infatti, da tempo Pechino usa forze paramilitari per infastidire e cacciare pescherecci e piccole imbarcazioni battenti bandiera filippina, vietnamita o malaysiana. Il 27 gennaio scorso pattuglie della marina cinese hanno sparato getti di acqua contro pescherecci filippini; il primo marzo una nave da pesca vietnamita è stata oggetto di un assalto da parte di forze paramilitari di Pechino, con sequestro del pesce e abusi ai danni del personale. Il proprietario del peschereccio ha denunciato percosse con bastoni e pistole elettriche. 

Il 4 marzo scorso il quotidiano filippino Inquirer ha riportato la notizia secondo cui il governo di Hanoi sostiene Manila nella richiesta di arbitrato internazionale nei confronti della Cina. Le mire egemoniche iniziano a preoccupare anche Kuala Lumpur, che negli ultimi due anni ha registrato due sconfinamenti di navi cinesi alle James Island, a soli 80 km di distanza dalla costa malaysiana. Gli episodi hanno spinto il governo a chiedere la collaborazione di Filippine e Vietnam, nella difesa degli interessi comuni e del diritto internazionale. Attivisti e membri della società civile vietnamita auspicano che il "regime cinese" attenui le mire espansioniste all'esterno, concedendo al contempo maggiori diritti (politici e religiosi) in materia di politica interna. Allontanando, una volta per tutte, la logica della minaccia, dell'uso della forza e della violenza. 

Nel Mar cinese orientale la Cina lotta da tempo col Giappone per la sovranità sulle isole Senkaku/Diaoyu; con le Filippine lotta per le Scarborough Shoal. Nel Mar Cinese meridionale Pechino si vuole arrogare la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel, oggetto di rivendicazioni territoriali dei governi di Vietnam, Brunei, Filippine, Malaysia e Taiwan. L'egemonia riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area strategica per il passaggio dei due terzi dei commerci marittimi mondiali. Le isole, quasi disabitate, sono assai ricche di risorse - petrolio e gas naturali - e materie prime. La controversia interessa a vario titolo anche India, Australia e Stati Uniti, con interessi contrapposti e alleanze incrociate che fanno della regione Asia-Pacifico uno dei punti più caldi a livello geopolitico.

 

 

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