Vescovo armeno: Pregate per i cristiani del Karabakh e per la pace. Jihadisti dell’Isis dalla Siria all’Azerbaijan
Mentre tiene il cessate-il-fuoco, la guerra rinfocolata alcuni giorni fa mostra una modifica negli equilibri del Caucaso. Le esecuzioni e le decapitazioni avvenute nei giorni scorsi mostrano un modo di fare simile a quello dei jihadisti dell’Isis. Fra i combattenti azeri vi sarebbero jihadisti e turchi dei Lupi grigi. La Russia preoccupata della guerra e dei combattenti dell’Isis alle sue porte. L’assenza di Usa, Unione europea e Onu.
Stepanaguert (AsiaNews) – Il ripristino ieri del fragile cessate-il-fuoco del 1994, violato bruscamente dall'Azerbaijan lo scorso 2 aprile, è stato finora rispettato sia dall’Azerbaidjan che dalla non-riconosciuta Repubblica del Nagorno Karabakh.
Per la prima volta in 30 anni, per il cessate il fuoco, l’Azerbaijan ha dovuto interloquire in modo indiretto con la controparte del Karabakh e non con l’Armenia, come in passato. La guerra riesplosa all’improvviso ha causato finora oltre 300 morti da ambo le parti.
Ieri a Vienna si è riunita con urgenza l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) chiedendo alle due parti di ripristinare il cessate il fuoco e ribadendo l’inesistenza di una “soluzione armata” al conflitto che divide da decenni l’Azerbaidjan, appoggiato dalla Turchia, membro della Nato, ed il Nagorno Karabakh appoggiato dall’Armenia, alleata della Russia.
Mons. Raphael Minassian, vescovo armeno- cattolico a Erevan (nella foto in un suo recente incontro con papa Francesco), contattato via telefono da AsiaNews, ha espresso la sua delusione circa la posizione di “para-condicio nelle colpe” e di “neutralità” adottata dalla stampa e diplomazia internazionale nel riportare i gravi sviluppi nel Caucaso e sul confine Azero-Kharabakhiano. “Molti fatti gravi - egli dice - di flagrante violazione del diritto internazionale sono stati omessi e censurati da gran parte della stampa” come ad esempio: "i bombardamenti indiscriminati dell’artiglieria azera sui centri abitati da civili e di scuole”, “la decapitazione di un soldato armeno del Karabakh con esibizione trionfante della testa tagliata”, fotografata ed esibita come trofeo sui social media, e soprattutto “la barbara esecuzione di una coppia di anziani armeni cattolici [Valera Khalapyan e sua moglie Razmela] nella loro casa a Talish, occupata il 2 aprile scorso dalle truppe dell”Azerbaijan. I due anziani sono stati uccisi con la loro figlia, a sangue freddo dopo aver loro amputato le orecchie”.
Secondo diversi osservatori, questo è il modus operandi dell’Isis, come già visto in Siria e in Iraq.
Mons. Minassian ha chiesto di “pregare per i cristiani del Nagorno Karabakh la cui esistenza è a rischio come quella di tutti i cristiani d’oriente, e per il ripristino della Pace”.
Le uccisioni, eseguite dalle truppe dell’Azerbaijan sono una grave violazione del diritto internazionale e della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei civili in zone di guerra. Le modalità crudeli con cui sono avvenute spingono a dare credito alle allarmanti notizie riguardanti l’arrivo in Azerbaijan di combattenti azeri dell’Isis, fuggiti dalla Siria via Turchia. “Gli azeri” secondo un’analista occidentale che ha scelto l’anonimato “non hanno fatto differenza tra soldati e civili”.
Trova cosi riscontro nei fatti la notizia diffusa dal governo armeno sul “coinvolgimento diretto di migliaia di azeri nelle file dell’Isis. Secondo fonti dell’intelligence sarebbero circa 2500 gli azerbaijani arruolati nei ranghi dello Stato islamico, che combattono in Siria ed Iraq. Allo stesso tempo, la violenza di “stile jihadista” nelle uccisioni e la brutalità che i militari di Baku hanno utilizzato nei confronti della popolazione civile armena fa pensare a quanto viene perpetrato ogni giorno dai gruppi dei Takfiristi dell’Isis nei conflitti di Siria e Iraq”.
Fonti dell’intelligence militare armena del Nagorno Karabakh parlano di “intercettazioni radio di conversazioni” fra “soldati” azeri al fronte con un chiaro stile di conversazione jihadista e un linguaggio salafita-takfiri, uguale a quello utilizzato dai terroristi dell’Isis in Siria e in Iraq.
In seguito all’avanzamento delle truppe siriane ed irachene nei territori un tempo controllati dal Califfato, molti combattenti sono fuggiti attraverso la Turchia e fra di loro ci sono molti azeri e ceceni.
La stampa internazionale ha parlato di questo conflitto come di una “ripresa di guerra fra Armenia ed Azerbaijan”, ma in realtà la guerra è scoppiata fra il Nagorno Karabakh e l’Azerbaijan, e l’esercito armeno non ha sparato nemmeno un colpo.
Stampa e diplomazia occidentale si sono lasciati sfuggire un importante elemento: questa “guerra lampo” ha modificato in pochi giorni i delicati equilibri nel Caucaso. Secondo il portavoce del presidente del Karabakh David Babayan, “esistono prove” che l’Azerbaijan abbia reclutato nazionalisti turchi “dei Lupi grigi e combattenti islamici dell’Isis”. L’ingresso dell’Isis in Azerbaijan avrà delle conseguenze nefaste a lungo termine. In più, la presenza di istruttori e militari turchi in Azerbaijan non fa che accrescere la tensione già esistente fra Russia e Turchia. Intanto, una solidarietà inaspettata a favore dell’Azerbaijan sciita è venuta dall’OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica), organismo sotto il controllo economico e gestionale dell’Arabia Saudita sunnita, la quale ha condannato “l’aggressione dell’Armenia” (sic!).
Il conflitto sembra però aprire le porte ad un ravvicinamento fra Iran, Turchia e Azerbaijan: i rispettivi ministri degli esteri si sono riuniti ieri in Iran “per discutere della situazione”. Va detto che finora le armi usate dall’Azerbaijan sono al 40% importate da Israele.
L’unico perdente di questo round sembra essere la Russia, minacciata da una guerra e dall’apparizione dei Jihadisti dell’Isis alle sue porte, mentre si nota la quasi completa assenza di coinvolgimento e responsabilità da parte di Stati Uniti, Unione europea e Onu.