17/05/2011, 00.00
STATI UNITI – CINA
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Università cattolica americana non vende prodotti “made in China”

Il regolamento della Notre Dame ha imposto il divieto per difendere i diritti dei lavoratori cinesi. Magliette, felpe, targhe e oggettistica: nessun prodotto con il logo della scuola proviene da Pechino.
South Bend (AsiaNews/Agenzie) – L’università cattolica di Notre Dame, nello Stato americano dell’Indiana, non vende nulla che sia prodotto in Cina. Magliette, felpe, targhe commemorative, tazze da caffè, oggettistica: ogni cosa acquistabile nella libreria del campus non è “made in China”. L’università ha imposto questo divieto perché Pechino non ammette i sindacati indipendenti degli operai. Dieci anni dopo l’adozione di tale politica economica, la Notre Dame resta l’unica università, tra le più importanti negli Stati Uniti, a vietare di mettere il logo della scuola su qualsiasi prodotto proveniente dalla Cina, il principale Paese importatore per gli Usa.

La politica dell’università cattolica sui prodotti cinesi è legata alle condizioni dei lavoratori di Pechino. Nel 1997 la Notre Dame ha adottato un regolamento dove si richiede e difende la libertà d’associazione e il “diritto dei lavoratori a organizzarsi e formare sindacati indipendenti su iniziativa personale”.

I prodotti cinesi dominano il mercato americano: equipaggiamento sportivo, scarpe e vestiti tra i primi beni di consumo. Secondo dati elaborati dal Dipartimento per il commercio, solo nel 2010 Pechino ha mandato 26,9 miliardi di dollari in giocattoli e oggetti sportivi, 16,7 miliardi di dollari in calzature e 33,5 miliardi di dollari in abbigliamento.

Il divieto imposto dall’università di Notre Dame attrae alcuni parlamentari di Washington, che criticano la politica del colosso asiatico nel campo dei diritti umani. “Quello che Notre Dame fa è molto importante”, ha affermato Frank Wolf, repubblicano della Virginia e presidente della Commissione per le appropriazioni che monitora il commercio estero. Il deputato riferisce che farà pressioni perché anche le università della Virginia impongano un divieto simile.
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