17/06/2015, 00.00
INDONESIA - ISLAM
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Ulema indonesiani contro la vendita di cibo e bevande in strada durante il Ramadan

di Mathias Hariyadi
Per i radicali islamici nel mese sacro di digiuno e preghiera gli esercizi devono restare chiusi. I non musulmani, avverte il leader Mui, devono rispettare i sentimenti e i dettami dell’islam. Diversa l’opinione del ministro per gli Affari religiosi, secondo cui “non vi è ragione” di fermare gli esercizi commerciali.

Jakarta (AsiaNews) - In questi giorni si è aperto un nuovo fronte di scontro fra musulmani moderati e il potente Consiglio degli ulema indonesiani (Mui), che ruota attorno all’opportunità di mantenere aperti - o chiudere - durante il Ramadan i chioschi che distribuiscono cibo per strada. Il mese sacro di digiuno e preghiera islamico è da sempre fonte di contrasti e tensioni nell’arcipelago, con le opposte fazioni - moderata e radicale - in contrasto sull’opportunità di estendere anche ai non musulmani il rispetto delle regole imposte dalla religione.

Fra le più alte cariche coinvolte nella controversia vi sono da un lato il ministro per gli Affari religiosi Lukman Hakim Saifuddin, favorevole all’apertura dei chioschi; sull’altro versante vi è il presidente del Mui Din Syamsuddin, infuriato dalle parole del ministro, secondo cui i non musulmani non devono osservare il digiuno, quindi “non vi è ragione” di fermare gli esercizi commerciali dall’alba al tramonto. 

Quando la maggioranza delle persone (musulmani) osservano il digiuno, avverte il leader Mui, anche le minoranze “dovrebbero mostrare rispetto” e conformarsi alla pratica. “E se i rivenditori di cibo operano impuniti mentre la maggioranza sta digiunando - aggiunge - questo significa una mancanza di rispetto”. 

Fra i tanti, vi è l’esempio portato dal sindaco di Banda Aceh Illiza Sa'aduddin Djamal secondo cui i venditori di cibo di strada hanno deciso di interrompere l’attività durante il Ramadan, e questo “rende Aceh differente dalle altre città dell’Indonesia”. Il governo provinciale di Aceh ha inoltre emesso un bando, che proibisce l’esposizione di cibo e bevande dalle 6 del mattino alle 4 del pomeriggio per “rispetto dei musulmani” che digiunano. 

Opposta, invece, la visione del ministro secondo cui anche i musulmani devono rispettare la libertà dei fedeli di altre religioni che non devono sottostare alla pratica del digiuno. E questa forma di rispetto e libertà, aggiunge, deve essere ancora più forte e marcata in un mese sacro come il Ramadan che inizia il 18 giugno e si conclude il 30 luglio prossimo. Per ora il governatorato di Jakarta, per bocca del vice Djarot Syaiful Hidayat, esclude il fermo delle attività di ristorazione e dei chioschi di strada, rilanciando l’immagine multiculturale e variegata della capitale indonesiana, in cui vivono milioni di persone proveniente da tutto il mondo. 

In questi anni, le autorità indonesiane - la nazione musulmana più popolosa al mondo - hanno ceduto più volte di fronte alle pressioni del Consiglio degli ulema indonesiani (Mui), che svolge un ruolo di "osservatore" dei costumi e della morale nell’arcipelago. Ad Aceh, regione in cui governano i radicali islamici, le donne non possono indossare pantaloni attillati o minigonne. Nel marzo 2011 il Mui si è scagliato contro l'alzabandiera "perché Maometto non lo aveva mai fatto"; prima ancora aveva lanciato anatemi contro il popolare social network Facebook perché "amorale", contro lo yoga, il fumo e il diritto di voto, in particolare alle donne.

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