11/10/2007, 00.00
INDIA – CINA – TIBET
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Tibetani attaccano l’ambasciata cinese a New Delhi

di Nirmala Carvalho
Un gruppo composto da oltre 35 giovani tibetani esiliati in India voleva protestare contro la nuova legge cinese che regola le reincarnazioni buddiste. Richiesto l’intervento della comunità internazionale e del Comitato olimpico.

New Delhi (AsiaNews) – Oltre 35 giovani tibetani esiliati in India hanno attaccato ieri l’ambasciata cinese a New Delhi per protestare contro la nuova legge, approvata dal governo di Pechino, che regola la reincarnazione dei lama e la pone sotto il diretto controllo delle autorità comuniste.

 I giovani hanno urlato slogan contro la repressione cinese della regione, scritto sui muri dell’ambasciata “Liberate il Tibet” e distribuito volantini ai passanti. I dirigenti d’ambasciata, invitati a ricevere il testo, hanno rifiutato. La protesta si è conclusa con l’arresto di 20 attivisti, rinchiusi nel carcere della capitale indiana.

 Dhondup Dorjee, vice presidente del Congresso dei giovani tibetani, spiega ad AsiaNews che la protesta “è contro i nuovi regolamenti religiosi del governo cinese, che rappresentano un aumento dell’oppressione nei confronti del Tibet e cercano di minare l’autorità del Dalai Lama. Infatti, secondo il testo di legge, saranno i comunisti a decidere chi sarà il prossimo capo del buddismo tibetano, e questo è inaccettabile”.

 Proprio in questi giorni, Pechino ha accusato il Dalai Lama di sostenere “culti diabolici” come il Falun Gong e il nipponico Aum Shinrikyo. Inoltre, la Cina ha criticato la solidarietà espressa dal leader tibetano ai monaci buddisti del Myanmar, vittime di una violenta repressione militare da parte della giunta di Yangon.

 L’attivista sottolinea poi la “frustrazione” che deriva da questa situazione: “I cinesi non sono sinceri nel loro modo di comportarsi. Impongono limiti che vanno al di là di ogni comprensione, e cercano di intervenire in ogni aspetto della nostra vita. Il Dalai Lama ha sposato da sempre la non violenza e predica la pace, ma questa protesta è frutto della nostra disperazione”.

Secondo il comunicato stampa emesso dal Congresso, “da quando Hu Jintao è divenuto presidente, la Cina ha imposto misure ancora più severe al Tibet. Il Panchen Lama [la seconda carica spirituale del buddismo tibetano, sequestrato dal governo cinese e rimpiazzato con un monaco scelto dai funzionari del Partito ndr] è ancora disperso e vi sono centinaia di monaci e fedeli arrestati senza motivo. Chiediamo alla comunità internazionale, in particolare al Comitato olimpico che ha concesso le Olimpiadi alla Cina, di intervenire per condannare questa situazione”.

 L’India ospita il governo tibetano in esilio sin dal 1959, anno in cui fallì una rivolta popolare anti-cinese in Tibet. Da allora, il Dalai Lama ed i funzionari governativi vivono a Dharamsala, nel nord dell’Unione. Da alcuni anni, tuttavia, Delhi ha deciso di raffreddare i suoi rapporti con gli esiliati, per cercare di migliorare i suoi rapporti con la Cina. Lo scorso anno, in occasione della visita di Stato del presidente Hu Jintao, il governo ha impedito ai tibetani di manifestare contro Pechino. 

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