Teheran, rabbino capo: fra Iran e Israele non è ‘guerra di religione’, rispetto dai musulmani
Per Yehuda Garami vi è una “grande confusione” fra sionismo e giudaismo, “assai diversi fra loro”. Una controversia politica che “nulla ha a che vedere con la fede”. Nella Repubblica islamica vi è libertà di culto e gli ebrei si sentono al sicuro: “Non abbiamo guardie” all’esterno di sinagoghe e scuole.
Teheran (AsiaNews) - “La cosa peggiore che può accadere” è dare l’impressione che lo scontro diplomatico e militare in atto fra Iran e Israele, che rischia di sfociare in un conflitto aperto, sia frutto “di una guerra di religione. Non è nulla di tutto questo”. A parlare è il rabbino capo della comunità ebraica nella Repubblica islamica Yehuda Garami, secondo cui vi è una “grande confusione” fra giudaismo e sionismo che “sono assai diversi fra loro”. Il primo, spiega in una intervista ad al-Monitor, è “una religione con 3300 anni di storia” e il secondo “è un movimento politico e nazionale di 100 anni”.
In quanto nazione, sottolinea il leader ebraico in Iran, lo Stato di Israele “non ha nulla a che vedere con la religione in generale e il giudaismo in particolare”. Per questo, avverte, “tendiamo sempre sottolineare che non vogliamo essere coinvolti nelle dispute, nelle guerre e nello scontro politico fra le due nazioni. Questo è un dibattito fra politici, che nulla ha a che vedere con la fede”.
La pandemia di Covid-19 e le sanzioni internazionali all’Iran hanno causato pesantissime ripercussioni sull’economia della Repubblica islamica che, di riflesso, si sono abbattute anche sulla comunità ebraica che, in generale, appartiene alla classe media. “La maggior parte degli ebrei del Paese sono imprenditori, soprattutto nel settore dell’abbigliamento, e sono parte della classe media”. La maggior parte di essi, come il resto della popolazione, “si sente sotto pressione”.
Il rabbino capo Yehuda Garami vuole al contempo sottolineare i buoni rapporti, in generale, con i musulmani i quali “nutrono grande rispetto per noi ebrei che viviamo in Iran”. A differenza dell’Europa, aggiunge, “non abbiamo guardie all’esterno delle sinagoghe e delle scuole, e la nostra sicurezza personale è eccellente. Certo, a volte incontriamo persone anti-semite, ma questo accade ovunque. La maggior parte della gente ci rispetta e vive in pace con noi. Quello che conta è che in Iran non vi è nemmeno il concetto di attacchi pianificati contro gli ebrei”.
Le tensioni fra Iran e Israele si sono intensificate negli ultimi anni, in special modo nello scacchiere siriano dove i caccia con la stella di David hanno compiuto diverse operazioni mirate contro obiettivi legati a Teheran. Ciò ha fatto temere per la sorte della piccola comunità ebraica nella Repubblica islamica, per possibili ritorsioni in realtà mai avvenute. Secondo le stime ufficiali vi sarebbero 8mila ebrei in Iran; tuttavia, secondo Garami il numero è maggiore e si posiziona fra i “20mila e i 25mila, la maggior parte dei quali a Teheran, Shiraz, Esfahan e Karmanshah”.
“Abbiamo totale libertà di culto” afferma il rabbino capo. “Tutte le sinagoghe sono aperte e all’interno vi sono classi di Torah”, cui si aggiungono “istituti e scuole, comprese le elementari e le medie”. Il nostro auspicio, conclude, “è che un giorno vi sia pace nel mondo, che tutte le guerre possano svanire”.