18/09/2008, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Sospeso il programma radiofonico saudita che suggeriva di uccidere gli "editori immorali"

È lo stesso dal quale giorni fa è stata lanciata la fatwa contro gli “editori immorali”. Non è chiaro se la sospensione sia conseguenza delle polemiche divampate dopo la trasmissione, dal Ministero della comunicazione nessuna presa di posizione ufficiale. A stemperare la polemica è intervenuto lo stesso giudice, che afferma di essere stato “frainteso”.

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – La fatwa contro i programmi “immorali” e gli editori che li trasmettono ha colpito proprio la trasmissione radiofonica dalla quale è stato lanciato il proclama. La Holy Quran Radio, emittente saudita, ha infatti sospeso la messa in onda di Light in the path – “La luce sul cammino” che illuminava la vita di milioni di fedeli musulmani – trasmissione giornalista della durata di 30 minuti durante la quale intervenivano i massimi esperti e dottori dell’Islam per pronunciare sentenze, dare opinioni, fornire pareri o consigli agli ascoltatori che hanno facoltà di intervenire nel corso della diretta.

Alla trasmissione hanno partecipato quasi tutti i leader religiosi musulmani, fra i quali il Gran Muftì dell’Arabia Saudita Shaikh Abdul Aziz Al Al Shaikh. La decisione di sospendere le trasmissioni segue le polemiche divampate in tutto il mondo arabo per le affermazioni pronunciate dallo sceicco Salih Ibn al-Luhaydan, il più autorevole giudice della Corte saudita. Rispondendo alla domanda di un ascoltatore, egli avrebbe emesso una fatwa secondo la quale alcuni programmi di intrattenimento dal contenuto “diabolico” possono favorire “dissolutezza” nei costumi e “vizi” fra i telespettatori ed è lecito ucciderne “proprietari ed editori” nel caso in cui non “interrompano le trasmissioni”.

Secondo il sito internet Islam Today, oltre al programma incriminato è stata sospesa anche la messa in onda di Fahd Al Sunaidi, anch’esso dal contenuto filo-islamico. Dal Ministero della cultura e dell’informazione radiofonica negano qualsiasi coinvolgimento nell’interruzione dei programmi e sottolienano che non vi sono “prese di posizione ufficiali”.

A smorzare le polemiche ci aveva provato anche lo stesso Salih Ibn al-Luhaydan: egli ha precisato di essere stato “frainteso” e le sue parole sono state usate al di fuori del “giusto contesto”. “Ciò che ho detto – riferisce il sito Gulf News citando le parole del giudice – è che è permesso alle autorità di infliggere la pena di morte, previo processo e sentenza del tribunale, nel caso in cui non interrompano le trasmissioni”. 

La “fatwa” emessa dal giudice della Corte saudita aveva scatenato reazioni polemiche – e preoccupate – da parte degli editori del mondo arabo, passibili di “morte” per la diffusione di programmi ritenuti immorali. Alcuni si sono difesi dicendo di non aver mai trasmesso soap-opera e trasmissioni dal contenuto lascivo o dalle tematiche contrastanti rispetto alla religione e alla morale islamica. Del resto produttori e autori sono consapevoli della censura in cui incappano e fin dalla stesura dei programmi evitano linguaggi offensivi o contenuti dissoluti.

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