Sergei Chapnin: La Chiesa russo-ortodossa nel 2016. Il Sinodo Panortodosso (Prima parte)
Un Sinodo di tutte le Chiese ortodosse lo si attende da 1300 anni e dovrebbe essere celebrato il prossimo giugno. Le differenze fra Kirill e Bartolomeo, fra Mosca e Costantinopoli. Alla vigilia dell’incontro fra Kirill e Francesco, una mappa delle sfide aperte davanti alla Chiesa russa. Prima parte di uno studio di Sergei Chapnin, già Direttore della Rivista del Patriarcato di Mosca.
Mosca (AsiaNews) – Il 12 febbraio papa Francesco incontrerà a Cuba il patriarca Kirill di Mosca, divenendo entrambi protagonisti di un evento storico, dato che è la prima volta da secoli che il papa di Roma e il patriarca di Mosca si incontrano. Per comprendere di più la vita della Chiesa russo-ortodossa, già prima dell’annunciato incontro fra i due leader, AsiaNews aveva chiesto al giornalista Serghei Chapnin di delineare le sfide che la sua Chiesa dovrà affrontare in questo anno. Pur essendo stato licenziato lo scorso dicembre dal posto di direttore della Rivista del Patriarcato di Mosca - in aperta polemica con i vertici della Chiesa russa – Chapnin rimane una delle menti più attente agli sviluppi della Chiesa ortodossa russa. Nel suo studio per AsiaNews, egli presenta il rapporto del Patriarcato di Mosca con le altre Chiese ortodosse in vista del Sinodo panortodosso; la crisi economica che colpisce la Russia e il suo riflesso nelle relazioni tra il Patriarcato e le diocesi; la perdita di fiducia dei fedeli nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche e più in generale la gestione autoritaria della Chiesa da parte del primate Kirill, che quest’anno ha celebrato il suo settimo anniversario alla guida del Patriarcato.
Chapnin, 48 anni di Mosca, è sposato e ha due figli. È autore di diversi saggi tra cui “La Chiesa nella Russia post-sovietica”, in cui sostiene che il problema della Russia oggi - dalla società alla politica, fino alla fede - è il non essersi ancora liberata della mentalità sovietica. Ha curato anche le pubblicazioni del Patriarcato e aveva dato inizio a una piccola rivoluzione, avviando nel 2014 una rivista mensile “Il tempio russo nel XXI secolo” che per la prima volta ha affrontato la questione dell’architettura delle chiese ortodosse moderne. Proprio sul fronte dell’arte cristiana contemporanea, si concentra ora il lavoro di Chapnin. A dicembre è stato pubblicato il primo “Almanacco della cultura cristiana contemporanea”, un progetto indipendente che lo vede impegnato in prima fila nel raccontare il contributo odierno di artisti, registi, scultori alla cultura russa di oggi; sempre a dicembre, presso la sala espositiva della ‘Torre imperiale’ nella stazione di Kazan a Mosca, ha inaugurato una mostra che per la prima volta ha riunito i lavori di artisti contemporanei di arte sacra in Russia di diverso genere: da icone a mosaici e sculture.
Le sfide che la Chiesa ortodossa russa ha affrontato negli ultimi mesi, con poca probabilità saranno risolte con successo nel 2016. Queste sfide, a prima vista, sembrano esterne, ma in realtà sono estremamente correlate alle questioni irrisolte del periodo della “rinascita della Chiesa”, questioni che faceva più comodo non risolvere e lasciare accantonate. Alla fine del 2015, inizio del 2016 molte di queste questione sono riemerse. Tuttavia, il contesto è radicalmente cambiato: il credito di fiducia che aveva la Chiesa in Russia negli anni ’90 e nei primi 2000, oggi è in gran parte esaurito. È diventato più sentito il conflitto con il Patriarcato di Costantinopoli. La crisi economica può seriamente aggravare il conflitto tra le eparchie (diocesi) e l’apparato centrale del Patriarcato di Mosca.
1- Ecclesiologia e diplomazia ecclesiastica
L’evento di cui si parlerà di più nel 2016 può essere il Sinodo panortodosso, che per la prima volta negli ultimi 1.300 anni riunisce i vescovi delle Chiese ortodosse da tutto il mondo. Ho usato non casualmente il verbo “può”: nonostante il fatto che al Sinodo - che sarebbe molto simbolico tenere il giorno di Pentecoste (19 giugno) del 2016 - manchino letteralmente quattro mesi, gli accordi finali non sono stati ancora raggiunti.
E lo stesso svolgimento del Sinodo suscita sentimenti contrastanti. I preparativi al Sinodo con più o meno intensità vanno avanti da quasi 50 anni. Da una parte, il Sinodo può diventare l’evidente, visibile manifestazione di unità e unanimità delle Chiese ortodosse locali, ma dall’altra - come è naturale - alla vigilia del Sinodo si sono esacerbate quelle contraddizioni da secoli accumulate nelle relazioni tra le Chiese. Saranno superate? Se no, allora il Sinodo ha tutte le possibilità di trasformarsi in un incontro per “belle foto di gruppo”.
Lo scetticismo deriva dal fatto che al prossimo Sinodo si intrecciano troppo strettamente le questioni ecclesiologhe e diplomatiche. Il confronto tra il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e quello di Mosca Kirill è il problema più evidente, ma non l’unico. E non si tratta semplicemente del desiderio di misurare forza e autorità. Alla base di questo conflitto vi sono modelli ecclesiologici diversi. Ancora non sono stati pronunciati in modo chiaro, ma le linee generali sono già pianificate. Il Patriarcato di Mosca vede l’imminente Sinodo in modo troppo strumentale. Il patriarca Kirill sta letteralmente combattendo per documenti concreti e insiste per l’approvazione il più veloce possibile di loro bozze, più sono meglio è. Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ritiene che il Sinodo panortodosso non sia una serie di documenti, ma un processo. E qui la cosa più importante è testimoniare la sincerità del proprio desiderio di unità. Il processo sinodale presuppone nuovi incontri al ritmo di cinque, sette o 10 anni, quindi non importa se alcuni documenti non verranno approvati nel 2016. Vi ci si potrà ancora lavorare sopra.
Quale punto di vista vincerà, è difficile da dire. Ma l’approccio strumentale è molto più vulnerabile alla critica. E questa critica, tra l’altro, nella stessa Russia ha un carattere molto forte e apocalittico. Penso che il patriarca Kirill sia costretto, almeno in parte, a tenere in conto le voci che arrivano dal campo di destra, e queste da tempo sostengono che si terrà non un Sinodo panortodosso, ma una “vergogna panortodossa”. In questo campo, le aspettative che verranno prese decisioni eretiche che danneggeranno la “purezza della fede ortodossa” sono estremamente alte.
Il patriarca Kirill ritiene che la rapida pubblicazione di progetti di documenti, che saranno valutati dal Sinodo, lo aiuterà a sbarazzarsi di tali accuse radicali. Ma è probabile che questa critica sia solo un caso particolare di una generale mancanza di fiducia da parte dei gruppi ortodosso-monarchici e ortodosso-patriottici nei confronti della gerarchia ecclesiastica in quanto tale. In questo modo, non si riuscirà a revocare le accuse di eresia, in quanto l’”eresia” dal loro punto di vista è qualsiasi tentativo di formulare e cercare di risolvere qualsiasi problema, legato alla modernità. La loro formula è la seguente: “I santi padri hanno più di una volta detto che tutto ciò di cui ha bisogno l’uomo per la salvezza è stato formulato nei primi sette concili ecumenici e non abbiamo più bisogno di nulla”. In altre parole, non importa cosa avverrà nel Sinodo e quali documenti verranno approvati, questi gruppi condannano lo stesso fatto che si svolga il Sinodo. Il Patriarca Kirill capisce che è inutile polemizzare con chi ha una tale coscienza mitologizzata? Il discorso sulle sfide del mondo contemporaneo e sullo stile di vita che cambia è improbabile che sia accettato con simpatia dai critici in contumacia del Sinodo.
Un altro aspetto importante è legato a quale posizione prenderanno le altre Chiese locali al Sinodo. Si sa che le Chiese “greche”, anche se non prive di contrasti interni, agiscono sempre insieme. Quale è la situazione alla vigilia del Sinodo tra le Chiese “slave”? La Chiesa russa ha dei veri amici e sostenitori nel confronto con il Fanar? Questa è una grande domanda, e l’equilibrio delle forze non è evidente. A gennaio, il Patriarcato di Costantinopoli ha segnato grande vittoria, agendo come forza riconciliatrice nel prolungato conflitto nell’episcopato della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e di Slovacchia. Il metropolita Rostislav sotto pressione del patriarca Bartolomeo è stato costretto a fare una serie di concessioni che vanno in contrasto con la politica che ha sostento negli ultimi anni il Patriarcato di Mosca. La sua dura presa di posizione si è rivelata controproducente (N.B.: questo articolo è stato scritto quando le decisioni ufficiali della riunione di gennaio tra i rappresentanti delle Chiese locali a Chambésy non erano ancora state pubblicate).
18/07/2016 14:18
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