30/10/2018, 14.51
COREA DEL SUD-GIAPPONE
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Seoul, Corte suprema ordina a ditta giapponese di ripagare i coreani per i lavori forzati in tempo di guerra

La Nssm dovrà pagare 80 mila dollari a Lee Chun-sik, unico sopravvissuto ai lavori forzati in un’acciaieria.  Lee ha oltre 90 anni ed ha assistito alla sentenza in sedia a rotelle. Shinzo Abe esprime contrarietà verso la sentenza.

Seoul (AsiaNews) – La Corte suprema ha ordinato a un’impresa giapponese dell’acciaio di ripagare i coreani per il lavoro forzato durante il tempo della guerra e prima.

Il Giappone ha governato con pugno di ferro sulla penisola coreana dal 1910 al 1945, soffocando la cultura locale e obbligando i locali ai lavori forzati o alla schiavitù sessuale.

La sentenza di oggi chiude una battaglia durata 21 anni da parte di 4 coreani contro la Nippon Steel & Sumitomo Metal (Nssm).

Secondo la Corte, la Nssm dovrebbe pagare 100 milioni di won (circa 88mila dollari Usa) a ognuno dei quattro accusatori che hanno iniziato la causa. Ma di essi solo uno è sopravvissuto, il sig. Lee Chun-sik, ora novantenne, che ha partecipato al processo seduto su una sedia a rotelle.

Due coreani avevano iniziato la causa in un tribunale giapponese nel 1997, chiedendo i danni e gli arretrati per il loro lavoro forzato in un’acciaieria, poi divenuta la Nssm.

I tribunali giapponesi hanno stabilito che essi non avevano alcun diritto, perché Tokyo aveva ottemperato ai suoi doveri di pagamento già nel 1965, quando stabilendo relazioni diplomatiche con Seoul, ha pagato 800 milioni di dollari al governo coreano.

Ma nel 2005 le vittime – compreso il sig. Lee – hanno lanciato una nuova azione legale in Corea del Sud, terminata con una sentenza della Corte suprema nel 2012. Quella di oggi è il verdetto finale, dopo l’appello della Nssm.

Dopo la sentenza, il premier giapponese Shinzo Abe e il suo ministro degli esteri, Taro Kono, hanno espresso la loro contrarietà.

Secondo dati ufficiali reperiti a Seoul, circa 780mila coreani sono stati ingaggiati in modo forzato come soldati e come lavoratori, senza contare le cosiddette donne-conforto, usate come prostitute per l’esercito nipponico.

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