Senza salario e a rischio Covid-19 i lavoratori migranti nel Golfo
In un centro di accoglienza alla periferia di Abu Dhabi la protesta delle persone che non ricevono soldi da febbraio. I dormitori si trasformano in focolai di contagio per il nuovo coronavirus. Il caso del gigante dell’edilizia francese Altrad: cantieri bloccati, operai senza paga. Sindacalista in Nepal: le multinazionali approfittano della mancanza dei diritti.
Abu Dhabi (AsiaNews) - Giovani migranti, affollati in un campo di lavoro alla periferia di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (Eau), che promuovono una manifestazione di protesta per il mancato pagamento dei salari. Un evento eccezionale, se non unico in una realtà come quella del Golfo dove i lavoratori sono spesso sfruttati nel silenzio più totale. Anche questo è frutto della pandemia che ha impresso un durissimo colpo all’economia globale, provocando la chiusura di attività, il blocco ai cantieri, la perdita del lavoro e il crollo nei salari.
Un fenomeno che accomuna Occidente e Oriente, ma che in questa parte del pianeta ha conseguenze ancor più drammatiche perché colpisce, come ha sottolineato ieri il vicario d’Arabia mons. Paul Hinder, con particolare forza i lavoratori migranti. I quali da un lato non beneficiano dei sussidi per la disoccupazione, dall’altro non riescono a inviare alle famiglie nei Paesi d’origine in Bangladesh, nelle Filippine, in Nepal il denaro necessario per sopravvivere. E che, stipati nei dormitori senza distanziamento né protezione, finiscono per diventare focolai di contagio.
I migranti costituiscono fino al 95% della forza lavoro in molte nazioni del Golfo, fra cui Emirati e Qatar e la situazione, come spiegano sindacalisti e lavoratori stessi, si sta facendo sempre più difficile. Un esempio di questa crisi riguarda il gigante dell’edilizia francese Altrad, come racconta in un lungo reportage il quotidiano transalpino Le Monde, che annovera oltre 15mila dipendenti nel Golfo ed è diretto dal fondatore Mohed Altrad, il 31mo uomo più ricco del Paese.
Con il blocco dei cantieri, infatti, molti lavoratori migranti asiatici sono confinati nei centri di accoglienza o nei campi, senza ricevere alcuno stipendio. “Sono due mesi - racconta un migrante indiano in una delle rare occasioni di protesta, con il volto coperto - che il nostro datore di lavoro non ci paga. “Pur ricevendo del cibo - aggiunge - abbiamo molti problemi […] ed è per questo che impediamo alle poche persone che ancora lo fanno, di andare al lavoro”.
Bibek, il nome è di fantasia per sicurezza, indiano di 23 anni, è stato assunto a febbraio da AMB-Hertel come montatore di scaffali. Ben presto la pandemia ha costretto l’impresa a fermare i lavori e il giovane si è ritrovato senza lavoro, né salario di circa 290 euro al mese. “Sono già due mesi che va avanti così - racconta via Whatsapp - e, anche se in questi ultimi giorni ho ripreso a lavorare, mi sono beccato il Covid-19. Sono in una camera a parte, assieme ad altri positivi. Ci sono molte persone contaminate nel campo. La gente ha paura”.
La AMB-Hertel è una filiale locale negli Emirati della Altrad, la cui sede principale è a Montpellier. Interpellata da Le Monde, che ha mostrato i video e le testimonianze raccolte, l’azienda parla di “voci calunniose” provenienti da una “sparuta minoranza” di persone che “non rivelano la realtà dei fatti”. In realtà vi sono diverse fonti che denunciano il mancato pagamento dei salari e il numero crescenti di contagi - in molti asintomatici - fra i lavoratori. Nell’ultimo periodo, stante il perdurare della crisi, si registra anche un aumento esponenziale nei licenziamenti.
Andy Hall, militante pro diritti umani con base in Nepal, sottolinea che “come molte multinazionali che operano nel Golfo” anche la Altrad “approfitta dell’assenza totale dei sindacati nella regione, per fare un po’ quello che le pare”. In Francia, aggiunge, “pratiche di questo tipo non sono affatto consentite. Ma nel Golfo, con lavoratori meno istruiti, e fra i più vulnerabili al mondo, tutto questo viene permesso”.
21/07/2023 11:36
24/02/2021 15:19