15/06/2007, 00.00
CINA
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"Schiavi" massacrati e sepolti vivi, l'indifferenza della polizia

Le drammatiche testimonianze di alcuni “schiavi” liberati. Salvati dai parenti, raccontano “l’indifferenza” della polizia. Minori adescati con promesse di lavoro e rapiti e fatti lavorare come adulti. I proprietari delle fabbriche minacciano e percuotono i genitori che cercano i figli.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Allettato con una proposta di lavoro, ridotto in schiavitù appena arrivato nella fabbrica di mattoni, Zhang Yinlei ha lavorato per mesi vedendo i compagni percossi a morte. Per un caso fortuito ha potuto chiamare il padre, che è venuto a prenderlo. Storie di alcuni schiavi moderni, nella Cina del boom economico, del benessere e del 21° secolo.

E’ il padre Zhang Shanlin che racconta la storia al quotidiano South China Morning Post. Ricorda che a marzo il figlio, appena ottenuto il diploma a Zhengzhou (Henan), ha trovato lavoro in una fabbrica di mattoni nella contea di Hongdong, nello Shanxi. Ma lì è stato costretto a lavorare 15-16 ore al giorno, chi non lo faceva o cercava di fuggire è stato malmenato.

“Hanno trattato gli uomini come cadaveri”. “A un giovane – racconta – hanno spezzato una gamba”. Due uomini sono stati massacrati di botte e poi “li hanno seppelliti, anche se non erano ancora morti”.

Per lavorare in fretta e rispettare le commesse, il 26 aprile hanno costretto il figlio e altri 5 a trasportare i mattoni ancora bollenti. Si sono bruciati in modo grave e non hanno ricevuto cure per un mese, fino a che un compratore dei mattoni ne ha parlato alla polizia. Allora il proprietario li ha mandati in ospedale. Ma la polizia non ha avvertito le famiglie. Con il telefono cellulare del parente di un paziente, Zhang ha chiamato il padre, che è accorso il 29 maggio.

Zhang padre racconta che il proprietario gli ha persino chiesto i soldi per l’ospedale e che la polizia non ha fatto nulla. Il proprietario è stato segretario del Partito comunista locale e Zhang conclude che “è protetto dalla polizia e dai funzionari locali”. Dice che, quando è andato in fabbrica a ritirare i documenti del figlio, ha visto decine di lavoratori, di cui  4 o 5 bambini di 12-14 anni.

Ma la storia non è eccezionale. Zhou Yong racconta che a 17 anni in una fabbrica dell’Hebei è stato percosso e segregato appena arrivato, costretto a lavorare 16 ore al giorno ricevendo poco cibo. E’ riuscito a fuggire ed è andato alla polizia. “Loro – ricorda – mi hanno portato alla stazione degli autobus ma non sono voluti intervenire per gli altri ragazzi” che erano nella fabbrica. Almeno 20 minori ci lavoravano, tutti magri e malnutriti.

A gennaio a Zhengzhou è scomparso Jiu Wenje, 15 anni. Da allora i genitori lo cercano e Zhang Xiaoying racconta che ha visitato centinaia di fabbriche di mattoni dove ha visto minori lavorare come adulti.

Chai Wei, che cerca il figlio scomparso, racconta che da marzo nello Shanxi altri genitori hanno liberato almeno 100 operai tenuti segregati, tra cui 41 bambini, uno di 8 anni. Ma i proprietari – dice – minacciano e percuotono i genitori per cacciarli via.

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