21/01/2016, 13.28
MONGOLIA
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Schiacciata tra Russia e Cina, la Mongolia sceglie il Giappone

di Alicia J. Campi

Il governo di UlaanBaatar esce dall’isolamento diplomatico internazionale e si propone come “perennemente neutrale” per evitare le numerose frizioni della regione. Si smarca dalle avance di Mosca e Pechino legando con Tokyo e Berlino ed espandendo i suoi mercati energetici. Nel frattempo, però, apre le sue steppe ai prodotti russi e cinesi per divenire il cuore del trasporto eurasiatico. Un'analisi per gentile concessione della Jamestown Foundation. Traduzione a cura di AsiaNews.

Washington (AsiaNews) – Nel corso dell’anno appena concluso, la Mongolia ha lavorato per istituzionalizzare il suo concetto “trilaterale” in politica estera. Questo prevede che la repubblica nord-asiatica si inserisca nel crescente rapporto fra Russia e Cina basato su energia, trasporti e cooperazione per lo sviluppo regionale. I successi più evidenti di questa filosofia sono stati gli incontri a tre fra i presidenti e i primi ministri dei Paesi coinvolti: entrambi i meeting sono avvenuti nel 2015.

Eppure la politica estera mongola non si limita a un avvicinamento graduale verso Mosca e Pechino. Nel corso dell’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente di UlaanBaatar Tsakhia Elbegdorj ha annunciato all’improvviso che la sua nazione è intenzionata a ottenere la qualifica di “neutralità permanente” dall’Onu.

Questa dichiarazione può essere interpretata come una manovra strategica da parte della Mongolia, che vuole evitare di essere vista come sostenitrice (e tanto meno vuole evitare di trovarsi incastrata) delle diverse e controverse azioni estere di Cina e Russia. Inoltre vuole sfilarsi dalle pressioni russe per l’ingresso nell’Unione economica eurasiatica (guidata da Mosca) e da quelle cinesi per l’adesione alla Shanghai Cooperation Organization.

In tutto questo, e in maniera molto significativa, a metà ottobre 2015 la Mongolia ha ospitato due delegazioni di altissimo livello da Germania e Giappone, i cosiddetti “terzi vicini”.

Il presidente tedesco Joachim Gauck ha visitato UlaanBaatar dal 14 al 16 ottobre per rinforzare i rapporti della partnership bilaterale fra Germania e Mongolia. In quell’occasione sono stati firmati due importanti memorandum d’intesa: un accordo per il commercio di concentrato di rame fra la mongola Erdenes Tsagaan Suvraga e la tedesca Aurubis e un altro per la costruzione di un impianto di estrazione e di raffinamento del petrolio fra a Mongol Alt Corporation, la Ferrostaal e la Euro Khan LLC. Alla Tsaagan Suuvarga sono stati garantiti 1.030 milioni di dollari americani in tre fasi, da spalmare in 18 anni: 334,4 milioni sono già stati investiti, mentre gli altri 686,6 milioni verranno dalla International Bank of Germany e da altri finanziatori [Mongolia.gogo.mn, 19 ottobre; Mongol Messenger, 16 ottobre].

Qualche giorno prima della visita di Gauck, inoltre, il ministero mongolo dell’Energia e la ThyssenKrupp (colosso tedesco indicato dal governo di Berlino) hanno firmato un accordo per la creazione di un’industria “green” per processare il gas metano dal carbone, come sancito nel corso dell’anno dal Parlamento di UlaanBaatar. La ThyssenKrupp sta progettando lo studio di fattibilità e addestrando il personale, mentre il lato mongolo si occupa delle licenze, dell’assistenza finanziaria e della selezione di un appaltatore mongolo per il progetto [Ubpost.mongolnewsmn, 18 ottobre]. Dopo la partenza del leader tedesco, infine, i due lati hanno discusso il finanziamento per il progetto di riabilitazione della centrale energetica Darhan-Erdenet e del progetto di trasmissione ad alto voltaggio UlaanBaatar-Mandalgobi [Montsame.mn, 20 ottobre].

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe si è invece fermato in Mongolia durante il viaggio verso le cinque nazioni dell’Asia centrale. La sua visita ufficiale è durata soltanto 4 ore, lo scorso 22 ottobre: Abe ha incontrato il capo dello Stato nella sua residenza, restituendo la visita fatta da Elegdorj a Tokyo lo scorso anno. Il governo mongolo ha spiegato che lo scopo della rapidissima visita era discutere come accelerare la messa in atto dell’Accordo di partenariato economico (Ape) stabilito fra le due nazioni. Abe ha dichiarato che la Mongolia “dovrebbe adottare politiche di sviluppo auto-sufficienti, campo in cui il Giappone è sempre desideroso di aiutare” [Mongolia.gogo.mn, 23 ottobre]. È comunque la seconda visita del premier nipponico in Mongolia, dopo quella avvenuta nel marzo 2013.

I commentatori mongoli ritengono che la visita-lampo sia un segnale importante del rinnovato interesse giapponese per una maggiore cooperazione economica. I due Paesi hanno sei campi di cooperazione già ben sviluppati.

1) L’accordo bilaterale Epa, della durata di 10 anni, che entrerà in vigore proprio nel 2016. Il documento permetterà a 8.100 prodotti mongoli l’ingresso in Giappone a prezzo scontato; circa 5.900 categorie di prodotti nipponici otterrà lo stesso privilegio in Mongolia.

2) Dopo la visita di Abe, l’ambasciatore Takenori Shimizu ha firmato un accordo fra i due governi con il primo ministro Chimed Saikhanbileg per iniziare a cooperare sulla ferrovia East Tsankhi, che conduce all’enorme giacimento carbonifero di Tavan Tolgoi.

3) Il Giappone presterà 200 milioni di yen (circa 1,6 milioni di dollari) alla Mongolia per ridurre il deficit del budget statale originato dal sostegno alle piccole e medie imprese. Non è chiaro però quali siano le condizioni del prestito e i tassi di interesse.

4) I lavoratori del settore edile mongolo saranno addestrati e poi assunti per lavorare ai progetti di sviluppo e alle attività edilizie collegate ai Giochi olimpici di Tokyo 2020.

5) Giappone e Mongolia si sosterranno in maniera reciproca all’interno delle organizzazioni internazionali, come avvenuto per l’elezione di UlaanBaatar all’interno del Consiglio dei diritti umani dell’Unicef e la candidatura di Tokyo a membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

6) La Mongolia continuerà a operare come intermediario fra Giappone e Corea del Nord sulla questione dei cittadini nipponici rapiti dal regime dei Kim [Mongolia.gogo.mn, 23 ottobre].

In effetti, uno degli immediati frutti della visita di Abe è stata l’elezione della Mongolia al Consiglio per i diritti umani dell’Unicef per il 2016-2018. L’elezione è avvenuta il 28 ottobre 2015 [mfa.gov.mn, 29 ottobre]. I funzionari mongoli hanno fatto lobby per mesi alla missione Onu di New York, e riconoscono che il Giappone è stato proprio uno dei maggiori sostenitori della loro campagna.

Nel corso di una conferenza stampa, il ministro degli Esteri Lundeg Puresuren ha annunciato l’approvazione di un progetto di collaborazione sulla protezione dell’ambiente, sui servizi di gestione di un nuovo aeroporto che sarà costruito in Mongolia grazie a un prestito giapponese, e su un progetto energetico regionale congiunto. Nel maggio 2015, Abe ha promesso un investimento di 110 miliardi di dollari nei prossimi 5-10 anni in progetti di sviluppo delle infrastrutture in Asia. L’investimento contribuirà alla costruzione di un impianto di gassificazione del carbone [Mongolia.gogo.mn, 23 ottobre].

Da notare anche l’accordo siglato dai ministeri mongoli delle Finanze, Salute, Sport, Istruzione e Scienze con l’ambasciata nipponica e l’Asian Development Bank. Il testo garantisce 2 milioni di dollari dal Fondo giapponese per la riduzione della povertà, che andranno per migliorare i servizi sanitari per le fasce vulnerabili della popolazione e per riformare il settore dell’istruzione [Ubpst.mongolnews.mn, 27 ottobre].

Nei media giapponesi, la visita di Abe in Mongolia è stata descritta come l’ennesima prova della sua “inusuale ma profonda vicinanza con questa nazione, che in parte mira a rispondere alla decennale domanda su che fine abbiano fatto i cittadini giapponesi rapiti dalla Nord Corea”. Mentre la Mongolia è definita “impegnata a ricalibrare” i suoi rapporti con la Corea del Nord attraverso un rafforzamento delle relazioni economiche con il Giappone [Nikkei.com, 24 ottobre].

Invece i commentatori russi leggono in questa visita un significato militare e geostrategico. La visita, dicono, “dimostra la crescente importanza di controllare il territorio mongolo per le potenze mondiali”. Come prova, gli editorialisti russi indicano la conferenza congiunta di Abe con i suoi ospiti mongoli, nel corso della quale il premier giapponese ha ringraziato il governo di UlaanBaatar per aver sostenuto le nuove leggi sulla difesa di Tokyo. Inoltre, ha chiesto il coinvolgimento degli Stati Uniti per sviluppare ancora di più la partnership strategica con la Mongolia [Journal-neo.org, 6 novembre; mofa.gov.jp 24 ottobre 2014].

Schiacciata fra Cina e Russia, la Mongolia ha sviluppato una strategia “della steppa” per posizionarsi come corridoio di transito nel cuore dell’Eurasia e facilitare l’integrazione di infrastrutture e commercio fra i due grandi Paesi confinanti. Ma allo stesso tempo sta utilizzando la politica “del terzo vicino” con Giappone e Germania per espandere i suoi partner commerciali, evitando la “steppa”, l’isolamento e l’emarginazione.

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