07/04/2017, 12.59
RUSSIA
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San Pietroburgo: il ‘ragazzo normale’ dell’attacco alla metro, kamikaze controvoglia

Cittadino russo dal 2011, era scomparso dopo il 2015. Sulle sue pagine, ferme al 2014, nessun segno di fanatismo religioso. Lo shock delle persone che lo conoscevano, per loro “un ragazzo come tanti”. Rinvenuti nell’appartamento componenti esplosivi. Si cercano i complici.

Mosca (AsiaNews/Agenzie) – Comincia ad emergere un’immagine più definita di Akbarzhon Jalilov, il responsabile dell’attacco che lo scorso 3 aprile ha causato 14 morti nella metro di San Pietroburgo. Sebbene molte informazioni sul suo conto non siano ancora verificate, il quadro è quello di un giovane che solo di recente si è avvicinato fanatismo religioso.

Le autorità anti-terrorismo russe, infatti, non aveva sospettato che il giovane nativo kirghiso avesse tendenze radicali. Cittadino russo dal 2011, aveva lavorato in un ristorante di sushi fino al 2015. In quell’anno, secondo quanto riportato Gazeta.ru, Jalilov era scomparso dalla circolazione. Le autorità stanno investigando su eventuali legami con lo Stato islamico.

Le pagine social di Jalilov non mostrano evidenti legami all’estremismo islamico, sebbene l’ultimo aggiornamento sul sito Vk risalga al 2014. Per le persone che lo conoscevano, era un ragazzo “comune”, “intelligente”, “sportivo” e non solito alla preghiera. La sera del 4 aprile i suoi parenti, arrivati a San Pietroburgo, si sono rifiutati di parlare con i media: solo la madre ha scosso la testa quando le è stato chiesto se credeva alla colpevolezza del figlio. La famiglia di Jalilov, a quanto afferma il funzionario distrettuale di Osh, Anvardjon Dadabaev, è “tranquilla e amichevole”, più “laica” che “religiosa”.

Jalilov aveva affittato da un mese un appartamento in un quartiere nell’area nord-est di San Pietroburgo, a 20 chilometri dal luogo dell’attentato. Tornava da un viaggio nella sua città natale Osh, nel sud del Kyrgyzstan.

Durante la perquisizione nell’appartamento, gli inquirenti hanno trovato componenti esplosive, in apparenza simili a quelle del secondo ordigno, rinvenuto alla fermata di Sennaya Ploshchad. Le componenti saranno analizzate per arrivare a una “conclusione definitiva sulla questione”. Testimoni presenti sul luogo al momento della perquisizione affermano di aver visto “varie polveri in barattoli”, mentre i vicini commentano di aver di rado sentito rumori dall’appartamento.

Le indagini procedono con la ricerca dei complici. La commissione d’inchiesta afferma di star analizzando i trascorsi di alcune persone d’origine centroasiatica e tre sospetti sono stati trattenuti.

Secondo una fonte anonima, potrebbero essere stati i complici a far esplodere a distanza la bomba con una chiamata da cellulare, forse anche all’insaputa di Jalilov che “non si aspettava di morire”, ma di piazzare le bombe e fuggire: “Il suo comportamento recente e il fatto che è diventato sostenitore dell’islam radicale solo da poco tempo non corrispondono al profilo dell’attentatore suicida. Quella categoria di persone sono preparate in maniera specifica e per lungo tempo”.

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