Rohingya, card. Bo: ‘Presto una conferenza internazionale’ voluta da Papa Francesco
Essa avrà luogo entro l’anno e con molta probabilità si svolgerà a Roma. Mons. Alexander Pyone Cho è il vescovo di Pyay: “Già durante il suo viaggio apostolico, il Santo Padre ha consegnato aiuti finanziari”. Progetti di sviluppo e assistenza sono le iniziative della Chiesa birmana in Rakhine.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Il Papa organizzerà una conferenza internazionale per i Rohingya”. È quanto dichiara a VaticanNews il card. Charles Maung Bo (foto 1), arcivescovo di Yangon e primo porporato della storia del Myanmar. Insieme ai vescovi della Conferenza episcopale del Myanmar (Cbcm), egli ha incontrato il pontefice due giorni fa per la visita ad limina.
In un’intervista rilasciata al termine dell’udienza con papa Francesco, l’arcivescovo di Yangon spiega la difficile situazione umanitaria in corso nello Stato occidentale di Rakhine e ribadisce la particolare attenzione con cui la Santa Sede ne osserva l’evolversi. “I Rohingya – dichiara il card. Bo – sono un popolo senza patria. Nessuno Stato vicino, nemmeno i Paesi islamici, che parlano tanto e con tanta forza ai media, è pronto ad accettarli. Così abbiamo chiesto al Papa, attraverso la Segreteria di Stato, di organizzare una Conferenza internazionale nella quale questa popolazione possa essere aiutata dalla comunità internazionale. Abbiamo detto che Myanmar e Bangladesh da soli non sono capaci di risolvere questa situazione di due milioni di persone che non sono accettate”. Secondo quanto riporta VaticanNews, il pontefice riferito ai vescovi del Myanmar che sarà la Segreteria di Stato ad organizzare questa conferenza internazionale. Essa avrà luogo entro l’anno e con molta probabilità si svolgerà a Roma.
Sin dallo scoppio della crisi in Rakhine, papa Francesco ha espresso compassione per le sofferenze dei Rohingya. Durante il suo viaggio in Myanmar (27-30 novembre 2017), anche se le autorità avevano chiesto che non fossero nominati, la loro vicenda è stata evocata a più riprese dal pontefice fin dal suo arrivo nel Paese. La Santa Sede ha persino provveduto ad una donazione in denaro come contributo della Chiesa cattolica alla risoluzione della crisi. Ai birmani, papa Francesco ha dichiarato che il futuro del Paese deve essere “la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità”.
Mons. Alexander Pyone Cho (foto 2, primo a destra) è il vescovo di Pyay, diocesi il cui territorio comprende anche il Rakhine. Ad AsiaNews, il prelato conferma il personale impegno del papa. “Il Santo Padre ha consegnato aiuti finanziari al card. Bo. Quest'ultimo si è incontrato con Aung San Suu Kyi, per confrontarsi su come utilizzarli al meglio”, afferma il vescovo.
“I problemi in Rakhine sono molto delicati e complessi – prosegue mons. Pyone Cho – Sono tre le parti coinvolte: il Tatmadaw [l’esercito birmano], i musulmani e gli etnici rakhine. Questi ultimi considerano l'esercito espressione del potere dei birmani, che costituiscono la maggioranza della popolazione del Myanmar. Sin dai tempi antichi, il Rakhine è stato terra di conquista dei re birmani e anche oggi la popolazione locale rimprovera al governo di Naypyitaw un atteggiamento di prepotenza. Questo ha suscitato la diffidenza, e in qualche caso l’odio, di alcuni rakhine verso i militari”
A ciò si aggiungono le annose tensioni etniche tra la popolazione locale, buddista, ed i musulmani. “Quando ero uno studente del seminario missionario – ricorda il vescovo – sono stato inviato in una delle parrocchie del Rakhine e ho potuto verificare di persona tutti i problemi che derivano da questi contrasti. Oggi come allora, buddisti e musulmani sono soliti provocarsi. Tuttavia, per quanto riguarda l'ultimo conflitto, la gente pensa che ad innescare le violenze sia stato l'esercito, per distogliere l'attenzione dalla guerra nello Stato di Kachin per il controllo delle miniere. Risolvere il problema è davvero complicato: popolazione rakhine, militari e musulmani sono soliti combattere tra loro”.
Dopo la visita di papa Francesco, la Chiesa birmana ha raccolto l’invito del pontefice a farsi strumento di pace e riconciliazione per tutto il Paese. “Da quando è iniziato il conflitto, come Chiesa cerchiamo di calmare le tensioni. Tuttavia, neanche un importante monaco buddista vi è riuscito. Egli è giunto in Rakhine per parlare alle persone di pace e riconciliazione, ma è stato cacciato via in malo modo. Al momento, i rakhine non vogliono e non cercano la pace. Molti di essi si sono aggiunti alle fila dell'Arakan army, un esercito etnico che rivendica il loro diritto all’auto-determinazione e riceve il sostegno di gran parte della popolazione”.
Nonostante le tensioni e le difficoltà, i cattolici sono già coinvolti in diverse iniziative. A tal proposito, mons. Pyone Cho dichiara: “Attraverso Caritas Myanmar, la Chiesa cattolica è impegnata in progetti per lo sviluppo del territorio. Stiamo scegliendo 10 villaggi per mettere in atto l’iniziativa. Sei di questi sono villaggi della popolazione di etnia chin, a maggioranza cristiana, due dei rakhine e due dei musulmani. Un'altra iniziativa in cui siamo coinvolti è resa possibile dall'aiuto di un cittadino dello Sri Lanka, di nome Joseph. Da sei anni egli vive e lavora in Rakhine, nelle aree del conflitto, e intrattiene rapporti con alti funzionari delle autorità e del governo locale. Sin dal novembre scorso, stiamo organizzando incontri per organizzare un'efficace risposta alla difficile situazione che affligge la nostra terra. Di recente, la Caritas si è confrontata con Joseph ed ha disposto l'apertura di una sede operativa a Sittwe, capitale del Rakhine”.
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