09/04/2010, 00.00
INDIA
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Ratificata la Convenzione Onu contro la tortura. Speranza per i cristiani dell’Orissa

di Nirmala Carvalho
Per Lenin Raghuvanshi, attivista per i diritti umani la legge permetterà ai cristiani dell’Orissa di chiedere giustizia. La proposta di legge approvata dal governo è stata presentata ieri in parlamento. Esso avrà l’onere di rendere il provvedimento efficace all’interno dei governi locali dove la polizia utilizza da sempre la tortura per portare avanti le indagini e mantenere il controllo sulla popolazione.

Mumbai (AsiaNews) – “Con questa legge le nostre vittime di Kandhamal (Orissa) potranno avere giustizia”. È quanto afferma ad AsiaNews Lenin Raghuvanshi, direttore esecutivo del Comitato popolare per la vigilanza sui diritti umani (Pvchr), in occasione dell’approvazione da parte del governo della proposta di legge per la prevenzione della tortura. La nuova legge è stata introdotta ieri in parlamento. Essa permetterà la ratifica della convenzione Onu contro la tortura firmata dall’India nel 1997, ma mai applicata proprio per l’inesistenza di una legge in materia nella costituzione indiana. A tutt’oggi i governi locali permettono alla polizia l’utilizzo della tortura. Grazie a questa prassi la polizia è riuscita  anche a coprire il proprio coinvolgimento nei pogrom contro i cristiani avvenuti in Orissa nel 2008.

Lenin Raghuvanshi, afferma: “L’art. 1 della Convenzione Onu contro la tortura dichiara che qualsiasi attacco organizzato su base religiosa, razza, casta o genere sarà considerato alla stregua di tortura. Nella maggior parte dei casi, la polizia è coinvolta grazie anche alla complicità dello Stato. Quindi il provvedimento potrà essere applicato anche nei casi dei pogrom avvenuti nel Kadhamal e in Gujarat”.

Secondo l’attivista la legge chiarisce i meccanismi di indagine sui fatti di tortura e tutela i testimoni. “Data la natura del crimine – afferma Raghuvanshi -  è fondamentale nei casi di tortura dare la responsabilità delle indagini a un’agenzia investigativa indipendente dalla polizia e non soggetta ad altri organismi”. “Nei governi locali – continua - la conduzione delle indagini è fatta da poliziotti direttamente o indirettamente coinvolti nei crimini o dai loro superiori e quanto avvenuto nel Kandhamal è uno dei più grandi esempi”. Infatti a causa della cultura basata sulle caste, chi testimonia contro esponenti di grado superiore riceve spesso minacce e intimidazioni. Nel caso del Kandhamal i testimoni hanno avuto paura di deporre in aula la loro versione e hanno permesso l’assoluzione degli imputati. “Quando la proposta diventerà legge – dice l’attivista – il Pvchr la utilizzerà per portare le prove di violenza contro i cristiani davanti alla Corte suprema e mostrare le responsabilità del governo dell’Orissa”.

Raghuvanshi evidenzia anche i limiti della nuova legge, che esige la denuncia dei casi di tortura entro sei mesi dall’avvenuta violenza. “Prendiamo  ad esempio il caso delle violenze subite dai cristiani a Kandhamal – afferma – le vittime non hanno potuto sporgere denuncia per il trauma, la paura di ritorsioni”. Egli cita anche i casi di stupro, che spesso vengono denunciati dopo mesi o anni. Per Raghuvanshi la legge non tiene conto neanche della parità dei sessi e non considera tortura le violenze sessuali subite dalle donne in carcere. 

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