04/02/2005, 00.00
CINA - RUSSIA
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Petrolio e questioni militari in cima alla lista nelle relazioni tra Cina e Russia

di Maurizio d'Orlando

Milano (AsiaNews) – Manovre nel settore del petrolio, compresa l'acquisizione della maggiore unità produttiva della Yukos, che oggi i cinesi smentiscono, e questioni militari stanno segnando sempre più profondamente i rapporti tra Cina e Russia e appaiono destinati ad ulteriore rafforzamento. Viene letta così la visita di quattro giorni del consigliere di Stato cinese, Tang Jiaxuan, a Mosca, con gli incontri con il presidente russo Vladimir Putin e con il presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Igor Ivanov.

L'appuntamento moscovita è l'ultimo di una serie d'incontri ad alto livello tra i due Paesi confinanti e fa seguito allo scambio di visite, lo scorso anno, tra il presidente Wen Jiabao e Putin. La presenza di Tang Jiaxuan, a Mosca coincide con l'arrivo di una delegazione militare russa a Pechino. La delegazione, secondo quanto è stato riportato, sta discutendo gli accordi per un'esercitazione militare congiunta, fissata per agosto o settembre, che si terrà in Cina. Secondo alcuni analisti, scopo dell'esercitazione è di creare maggiore fiducia, proprio perché la potenza militare cinese cresce con il sostegno della tecnologia russa.

Esperti militari occidentali osservano che l'esercitazione mira anche ad alleviare la preoccupazione russa che la propria infrastruttura militare serva solo da magazzino di rifornimento per la costruzione della potenza militare cinese, senza ricevere in cambio alcuna contropartita.

In ambito petrolifero sia la banca statale russa VEB (VneshEconomBank – Banca per i rapporti economici esteri), che il portavoce del ministero degli esteri cinese Kong Quan hanno smentito – quest'ultimo proprio oggi - un prestito della Cina per finanziare l'acquisto da parte della società statale russa Rosneft della principale unità produttiva della Yukos, la Yuganskneftegaz.

Lo scorso 1° febbraio, però, il ministro delle Finanze russo Kudrin aveva dichiarato ad una conferenza stampa che alcune banche cinesi avevano fornito un prestito di 6miliardi di dollari alla VEB per aiutare la Rosneft a finanziare l'acquisto della Yuganskneftegaz. Le smentite non contraddicono però nella sostanza le modalità con cui la Rosneft avrebbe acquisito il maggior cespite produttivo della Yukos. Secondo un articolo del quotidiano finanziario russo Vedemosti del 18 gennaio scorso, infatti, la Società petrolifera nazionale della Cina (China National Petroleum Corporation - CNPC), almeno formalmente, non avrebbe "finanziato" la Rosneft ma avrebbe "comprato" il greggio pagando anticipatamente le forniture per i prossimi cinque anni. Legalmente, i sei miliardi di dollari, cui faceva riferimento Kudrin, sarebbero dunque il corrispettivo dell'anticipo versato dai cinesi per l'ottenimento delle forniture. La VEB quindi non avrebbe ricevuto alcun prestito dai cinesi ma solo un bonifico. Con tutta evidenza, tale inusuale forma di transazione sarebbe stata adottata per evitare le iniziative giudiziarie fuori dalla Russia, minacciate dai legali degli azionisti della Yukos nei confronti di chi avesse comperato i beni messi all'asta dal tribunale fallimentare russo. Il maggior azionista della Yukos, Khodorkovsky è, infatti, attualmente detenuto in Russia per frode, sottrazione di beni dello Stato ed evasione d'imposta. I legali degli azionisti della Yukos sono riusciti ad ottenere, da un tribunale texano, una delibera che ne stabilisce la competenza esclusiva relativamente al fallimento del colosso petrolifero russo. Molte grandi società petrolifere mondiali interessate a comprare i beni messi all'asta dal tribunale fallimentare russo, tra cui in particolare anche le maggiori società petrolifere indiane, non avevano giudicato prudente uno scontro con la giustizia americana e pertanto si erano astenute dal presentare delle offerte. L'asta tenutasi il 19 dicembre dello scorso anno ed era stata vinta per 9,35 miliardi di dollari, dall'unico partecipante, la Baikal Finance Group, una società sconosciuta che dopo quattro giorni aveva rivenduto la Yuganskneftegaz per 10'000 rubli (circa 270 euro) alla Rosneft che il 31 dicembre scorso aveva provveduto al saldo completo del prezzo di 9,35 miliardi di dollari fissato in sede d'asta. Molti osservatori si erano subito chiesti come avesse potuto la Rosneft reperire una tale cifra, dato che dai bilanci della società non si evidenziavano risorse adeguate per coprire o anche solo per garantire un credito bancario delle dimensioni necessarie. Secondo il quotidiano Vedemosti, Viktor Khristenko, ministro russo dell'energia, e Sergei Bogdanchikov, presidente della Rosneft, si erano recati a Pechino ed avevano concordato con la CNPC la consegna di 48,4 milioni di tonnellate di petrolio da ora fino al 2010. Per parte sua, la CNPC si sarebbe impegnata a versare i sei miliardi di dollari che la VEB e il ministero degli Esteri cinese smentiscono di aver prestato alla Rosneft.

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