Pechino dialoga con Washington, ma corteggia gli europei in chiave anti-Usa
Riprendono i negoziati sull’accordo commerciale tra le due superpotenze. I cinesi parlano di progressi; più cauti i rappresentanti Usa. Wang Yi chiede all’Europa di non allinearsi all’amministrazione Trump. Ex ambasciatore cinese negli Stati Uniti: Non siamo un pericolo, non controlliamo un’alleanza militare come l’Unione Sovietica.
Pechino (AsiaNews) – Dopo le tensioni dell’ultimo periodo, Cina e Stati Uniti riprendono il filo del dialogo. Il vice premier cinese Liu He, principale negoziatore di Pechino per il commercio, ha parlato ieri al telefono con le sue controparti Usa per valutare lo stato di attuazione della “fase uno” dell’accordo commerciale firmato dai due governi in gennaio.
Per Liu, la conversazione è stata “costruttiva”: in gergo diplomatico significa che le due parti non si sono trovate d’accordo, senza arrivare però a una rottura. Egli ha sottolineato che i due Paesi intendono fare progressi e che stanno lavorando a una maggiore coordinazione fra le loro politiche “macroeconomiche”.
L’ufficio di Robert Lighthizer, rappresentate Usa al Commercio, non ha menzionato alcuno sforzo di coordinamento, sottolineando che le due delegazioni hanno discusso sulle future azioni che dovranno essere intraprese per procedere con l’applicazione dell’intesa commerciale. In base a essa, la Cina si è impegnata ad aumentare l’acquisto di prodotti e servizi Usa per un totale di 200 miliardi di dollari entro la fine del 2021, in modo da riequilibrare la bilancia dei pagamenti tra le due potenze.
A causa della pandemia di coronavirus, finora Pechino non è riuscita a rispettare la sua promessa. Washington preme per una piena attuazione dell’accordo, e continua ad accusare il regime cinese di mire espansionistiche in Asia orientale e sud-orientale, di seguire pratiche commerciali scorrette, di rubare segreti industriali e tecnologici, di violare i diritti umani al proprio interno e ad Hong Kong, e di aver provocato la diffusione del coronavirus.
Durante un incontro ieri in Cina con il suo omologo ungherese, il ministro degli Esteri Wang Yi ha condannato le politiche “unilaterali” dell’amministrazione Trump, invitando tutti i Paesi europei a non allinearsi agli Usa contro la Cina. Per Wang, che inizia oggi dall’Italia un tour di una settimana che lo porterà anche in Germania, Francia, Paesi Bassi e Norvegia, il “decoupling” (separazione) che gli Stati Uniti minacciano di attuare nei confronti della Cina è “impraticabile e irragionevole”.
L’appello dell’alto diplomatico all’Europa rischia però di cadere nel vuoto. L’approvazione della legge sulla sicurezza per Hong Kong ha attirato forti critiche dall’Unione europea, e la campagna lanciata dal presidente Usa Donald Trump per bandire l’uso della tecnologia 5G cinese sta guadagnando consensi nel Vecchio continente.
La leadership cinese trova ingiustificato l’atteggiamento aggressivo di Washington. Zhou Wenhong, ex ambasciatore cinese negli Usa, fa notare che la Cina non controlla un’alleanza militare in competizione con la Nato a guida statunitense, come nel caso dell’Unione Sovietica. Per questo, secondo Zhou, è fuorviante parlare di una nuova guerra fredda.
L’ex diplomatico evidenzia che la Cina non pone una diretta minaccia militare agli Stati Uniti, che farebbero meglio ad accettare “l’inevitabile” ascesa pacifica del gigante asiatico. In ottica Usa, le massicce esercitazione aeronavali che le Forze armate cinesi stanno conducendo in questi giorni nel Mar Cinese meridionale, in quello orientale, nel Mar Giallo e nel Golfo di Bohai potrebbero raccontare però una storia diversa.
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