07/01/2008, 00.00
INDIA – TIBET – CINA
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Pechino 2008, la “Lunga marcia” dei tibetani

di Nirmala Carvalho
Le cinque maggiori organizzazioni di tibetani in esilio hanno organizzato per le prossime Olimpiadi una “marcia di rientro in Tibet” che coinvolgerà centinaia di persone. Previste anche manifestazioni di protesta per il 17 aprile, quando la torcia olimpica arriverà a Mumbai.
New Delhi (AsiaNews) – Centinaia di esuli tibetani hanno deciso di marciare dall’India al Tibet per protestare contro la decisione di far ospitare alla Cina le prossime Olimpiadi. Alcuni di loro hanno intenzione di manifestare anche il prossimo 17 aprile, quando la torcia olimpica raggiungerà Mumbai. Lo confermano le cinque maggiori organizzazioni di tibetani in esilio, che intendono sfruttare l’attenzione internazionale sui Giochi per ricordare al mondo la tragedia della loro regione.
 
Tsewang Rigzin, presidente del Congresso dei giovani tibetani, dice ad AsiaNews: “La marcia sul Tibet è un’iniziativa presa per rafforzare la resistenza del nostro popolo. Inizierà il 10 marzo, anniversario della sollevazione anti-cinese del 1959, e partirà da Dharamsala, sede del nostro governo in esilio. Lo scopo è raggiungere Lhasa, la capitale della regione, entro le prossime Olimpiadi”.
 
Il governo cinese, aggiunge, “ha detto più volte che i tibetani sono i benvenuti, se vogliono tornare a casa: ora metteremo alla prova queste affermazioni. Vogliamo dimostrare a Pechino, ed al mondo, che questo è un rientro, non un viaggio: il Tibet è la nostra casa, e noi combatteremo per essa”.
 
Secondo Rigzin, l’appoggio internazionale è fondamentale: “Oltre alle varie considerazioni sulla natura della nostra battaglia, va sottolineato che essa è sempre stata non violenta. Davanti al male che invece impera nel resto del pianeta, sarebbe un messaggio positivo e di speranza se chi combatte senza violenza, come noi, raggiungesse il suo scopo. Si riuscirebbe a riappacificare il mondo”.
 
I manifestanti non hanno però ancora chiesto il permesso al governo indiano per mettere in pratica queste proteste, ma hanno sottolineato che non cercheranno l’appoggio del Dalai Lama, il quale “combatte un’altra battaglia, giusta ma di un altro tipo”.
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