14/06/2006, 00.00
TIMOR EST
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Pausa degli scontri a Dili, ma il governo chiede l'intervento Onu

Più negozi aperti e gente per le strade, ma Timor Est non è fuori pericolo. Onu pronta ad inviare una missione dopo quella che nel 1999 accompagnò il Paese verso l'indipendenza. Il presidente parla al Parlamento e alla nazione.

Dili (AsiaNews) – Più movimento per le strade, più negozi aperti: oggi Dili vive un momento di tregua dopo i disordini tra bande armate seguiti ai violenti scontri che hanno contrapposto militari e ribelli il mese scorso. Testimoni oculari raccontano che da ieri sera nella capitale e dintorni le acque sembrano essersi calmate, "anche grazie all'ingente presenza di truppe straniere".

Per normalizzare la situazione definitivamente, il governo ritiene però necessaria la presenza di forze Onu. Il ministro timorese degli Esteri Jose Ramos Horta ha chiesto alle Nazioni Unite di formare una forza multinazionale di polizia di circa 900 elementi, per mettere fine ai sanguinosi disordini. Ieri il segretario generale dell'Onu Kofi Annan si è detto d'accordo: invierà una delegazione per preparare il ritorno di peacekeeper, ma ha avvertito che ci vorranno almeno 6 mesi prima che la missione sia operativa.

Le forze Onu hanno lasciato Timor Est solo un anno fa, dopo aver sostenuto la piccola isola nel sanguinoso affrancamento dall'occupazione indonesiana.

Secondo fonti ufficiali, la nuova missione Onu sostituirà i circa 2500 soldati inviati da Australia, Nuova Zelanda, Malaysia e Portogallo e dovrebbe anche comprendere un maggior numero di Paesi della regione. Le truppe Onu rimarrebbero almeno fino alle elezioni presidenziali del prossimo anno.

Oggi per la prima volta dallo scoppio degli scontri, il presidente Banana Gusmao, ha parlato al Parlamento in un discorso trasmesso sulle rete nazionale. L'ex leader della resistenza all'Indonesia ha confessato che la recente violenza ha causato sofferenze e paure inaccettabili, e "paralizzato" le istituzioni dello Stato. Ha poi promesso di far rispettare la Costituzione e di "salvaguardare lo Stato democratico basato sul rispetto della legge".

La crisi a Timor Est è scoppiata in aprile dopo la decisione del premier Mari Alkatiri di radiare dall'esercito 600 soldati, il 40% delle forze armate, che "scioperavano", lamentando discriminazioni su base etnica. I soldati ribelli si sono scontrati con quelli lealisti e si sono poi asserragliati sulle colline. Bande rivali hanno quindi preso possesso delle strade nell'assenza di forze di sicurezza. In molti nel governo e tra la popolazione spingono per le dimissioni del premier, ritenuto responsabile della situazione. Al momento sono in corso colloqui tra i suoi oppositori politici per studiare modifiche costituzionali che ne permettano l'allontanamento.

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