25/05/2018, 09.29
VATICANO
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Papa: ‘una menzogna e una sciocchezza’ l’equazione tra terrorismo e islamismo

In una intervista  all'”Eco di Bergamo” Francesco dice che papa Giovanni era un uomo e un Santo “che non conosceva la parola nemico”, che “cercava sempre ciò che unisce”, consapevole che “la Chiesa è chiamata a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica”.

Roma (AsiaNews) – L’equazione tra terrorismo e islamismo è “una menzogna e una sciocchezza”. Lo ha dichiarato papa Francesco in una intervista all'”Eco di Bergamo”, in occasione del ritorno “provvisorio” delle spoglie di Giovanni XXIII nella sua terra natale, Sotto il Monte e nella diocesi di Bergamo, da ieri al 10 giugno.

Papa Giovanni, afferma Francesco, era un uomo e un Santo “che non conosceva la parola nemico”, che “cercava sempre ciò che unisce”, consapevole che “la Chiesa è chiamata a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica”.

Nell’intervista Francesco ribadisce che “il cristianesimo non è un ideale da seguire, una filosofia cui aderire o una morale da applicare”, bensì “un incontro con Gesù Cristo che ci fa riconoscere nella carne dei fratelli e delle sorelle la sua stessa presenza”, un andare al “cuore” del Vangelo, a sentire “il profumo di pulito del Vangelo”. Francesco esorta quindi a “dividere il pane con l’affamato, a curare gli ammalati, gli anziani, quelli che non possono darci niente, proprio niente in contraccambio”. E la storia di Angelo Giuseppe Roncalli, sottolinea, è “costellata di questi gesti di vicinanza” con chi soffriva, chi era nel bisogno, fossero cattolici, ortodossi o ebrei.

D’altra parte, aggiunge, “la Chiesa è per sua natura missionaria” e deve “uscire” per testimoniare il “fascino” del Vangelo “se non vuole ammalarsi di autoreferenzialità”, con una missione che non è “diffusione di una ideologia religiosa” né “la proposta di un’etica sublime”, proponendo “verità fredde” o “indottrinamento con metodi discutibili”: “le periferie sono sempre di meno un concetto geografico e sempre di più un concetto esistenziale”.

In un’epoca in cui, di fronte all’emergenza migranti, si costruiscono muri che altro non fanno che “chiudere” i cuori, Francesco sottolinea come la vera accoglienza debba essere “totalmente disinteressata” e ci sia oggi “tanto lavoro da fare” per “creare una nuova cultura, una nuova mentalità, educare le nuove generazioni a pensare, a pensarsi come una unica famiglia umana, una comunità senza confini”.

Anche nella Chiesa, nota il Papa, “quando non si vive la logica della comunione ma delle corporazioni, può avvenire che si intraprendano vere e proprie strategie di guerra contro qualcuno per il potere, che a volte si esprime in termini economici, altre in termini di ruoli”. Quindi “sono proprio le persone ad essere l'antidoto contro le falsità, non le strategie”.

Nel cinquantacinquesimo dell’Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris (11 aprile 1963), il Papa ricorda quella “proposta di pace come impegno permanente”. “E' vero che oggi si combattono più guerre di allora, anche perché i media ce ne mostrano le immagini in diretta che provengono da tante parti del mondo; ed è vero che si combattono con le armi, ma anche in modi meno visibili sempre guidati da meccanismi di sopraffazione; eppure le parole di Papa Roncalli restano valide”.

Nella prospettiva della cultura dell’incontro, Francesco pone pure il ruolo delle religioni, soprattutto di fronte a quell’equazione che è “una menzogna e una sciocchezza” tra terrorismo e islamismo. L’invito è a promuovere una “vera educazione a comportamenti di responsabilità”, anche rispetto alla cura del Creato.

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