13/06/2014, 00.00
VATICANO
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Papa: sono soprattutto un pastore e vorrei essere ricordato come un uomo buono

In una intervista, Francesco affronta temi come la pace in Medio Oriente, la violenza in nome di Dio, la Chiesa e i poveri, la riforma della Curia, Pio XII e l'Olocausto. E i Mondiali di calcio, sui quali "i brasiliani mi hanno chiesto di essere neutrale".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Papa Francesco si sente soprattutto un pastore, "servire la gente mi viene da dentro", "ma mi sento anche Papa" che spegne la luce per non sprecare denaro, giudica "una barbarie" il livello della disoccupazione giovanile e "un peccato di idolatria" il fatto che al centro del sistema economico sia stato messo il denaro, al punto che "si fabbricano e si vendono armi" per "sanare i bilanci delle economie idolatriche".

E' lo stesso Papa a dirlo in una intervista a tutto campo pubblicata oggi dal quotidiano spagnolo "La Vanguardia", nella quale affronta temi come la pace in Medio Oriente, la violenza in nome di Dio, la Chiesa e i poveri, la riforma della Curia, Pio XII e l'Olocausto. E i Mondiali di calcio, sui quali "i brasiliani mi hanno chiesto di essere neutrale e io mantengo la parola, e devo mantenere la parola perché il Brasile e l'Argentina sono sempre antagoniste".

Così, "la violenza in nome di Dio" è "una contraddizione" che "non corrisponde al nostro tempo". Ma il fondamentalismo è un rischio presente in tutte le religioni.

Il Papa parla poi della "Invocazione per la pace" con i presidenti israeliano e palestinese. All'inizio in Vaticano "il 99% diceva che non si sarebbe fatto, poi l'1% è cresciuto". Non era "per nulla un atto politico", evidenzia, ma un "atto religioso" per "aprire una finestra al mondo". Francesco denuncia inoltre l'antisemitismo: "è una pazzia negare l'Olocausto". Ancora a proposito di antisemitismo, "non saprei spiegare perché accada, però credo che, in generale, l'antisemitismo sia più legato alle destre, si annidi meglio nelle correnti politiche di destra che in quelle di sinistra, no?". E su Papa Pacelli si dice sicuro che l'apertura degli Archivi farà "molta luce". E ha "un'orticaria esistenziale" quando vede che "tutti se la prendono contro la Chiesa e Pio XII, e dimenticano le grandi potenze". "Non dico - continua - che il 'povero Pio XII' non abbia commesso errori: era meglio denunciare col rischio di altre perdite o tentare di salvare delle vite?". Eugenio Pacelli, ricorda, "ha guidato la Chiesa durante la Seconda guerra mondiale e ha nascosto gli ebrei in molti conventi a Roma e in altre città italiane, e nella residenza estiva di Castel Gandolfo nella sua camera, nel suo letto, sono nati 42 bambini figli di ebrei e altri perseguitati lì rifugiati". "Forse - aggiunge - sarebbe più corretto dire 'non si può vivere il cristianesimo se non riconoscendo le radici ebraiche". "Non parlo di ebrei in quanto razza semitica ma nel senso religioso. Penso che il dialogo interreligioso serva per approfondire questo, alla radice". Così "il cristianesimo ebraico e il fiorire di un giudaismo cristiano oggi rappresentano una sfida, una patata bollente, ma è possibile convivere come fanno i fratelli". "Prego ogni giorno - rivela - l'Ufficio divino con i Salmi di Davide. La mia preghiera è ebrea, e poi ho l'Eucaristia che è cristiana".

Ad una domanda sulla Chiesa e i poveri, la "povertà e l'umiltà - dice - sono al centro del Vangelo", in "senso teologico, non sociologico". "Non si può comprendere il Vangelo senza povertà, che va però distinta dal pauperismo".

Quanto alla riforma della Curia, "non ho alcuna illuminazione, non ho alcun progetto personale". "Ciò che sto facendo è realizzare quello su cui i cardinali hanno riflettuto nelle Congregazioni generali prima del Conclave". "Un punto fermo era che il prossimo Papa avrebbe dovuto avere un rapporto stretto e continuo con l'esterno, cioè con un team di consulenti che non vivono in Vaticano. E si è creato il Consiglio degli Otto: otto cardinali di tutti continenti e un coordinatore che si riunisce qui ogni due o tre mesi. Ora, il primo di luglio abbiamo quattro giorni di lavoro per apportare le modifiche che ci chiedono gli stessi cardinali. Non è obbligatorio che lo facciamo ma non sarebbe saggio non ascoltare coloro che sanno le cose".

E come le piacerebbe essere ricordato? "Non ci ho pensato però mi piace quando uno ricorda qualcun altro e dice: 'Era un uomo buono, ha fatto quello che ha potuto, non era così male". "la dimensione del parroco è quella più forte della mia vocazione. Essere al servizio della gente mi viene da dentro. Spengo la luce per non spendere soldi, per esempio. Queste sono cose da parroco. Ma mi sento anche Papa. Mi aiuta a fare le cose sul serio. I miei collaboratori sono molto seri e professionali. Ricevo aiuto per fare il mio dovere. Non c'è da giocare al Papa parroco. Sarebbe immaturo. Quando viene un capo di Stato, devo incontrarlo con la dignità e il protocollo che merita. E' vero che con il protocollo ho i miei problemi, ma devo rispettarlo''. Quanto alla tendenza a sconvolgere il protocollo della sicurezza, "so cosa mi può succedere, ma sta nelle mani di Dio. Mi ricordo che in Brasile mi avevano preparato una papamobile chiusa, con il vetro, ma io non posso salutare un popolo e dirgli che lo amo in una scatola di sardine, anche se di vetro. Per me questo è un muro. E' vero che tutto può accadere, ma diciamocelo, alla mia età non ho molto da perdere".

 

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